Come ha reagito il terzo settore inglese al discorso di Cameron? Da un lato, le sigle che si riconoscono nell?immagine di un non profit «imprenditoriale» e «proattivo», come tratteggiato da Cameron, capitanate dall?Acevo, l?associazione dei dirigenti del terzo settore, ha applaudito la vision del piano anti povertà e si dice pronta ad assumere «nuove responsabilità e poteri che renderanno la sua azione ancora più efficiente». Dall?altro ci sono i Cameron – scettici. Per paura di essere sfruttati come fornitori a basso prezzo, come spiega Debra Alcock-Tyler, numero uno della Directory of Social Change, convinta che «parlare di devolution a organizzazioni gestite da volontari sia solo una scusa per ottenere servizi risparmiando». O per paura di essere ridotti a meri esecutori di politiche decise dall?alto, come denuncia Julia Neuberger, a capo della Commission on the Future of Volunteering: «La prospettiva di un sistema di welfare interamente gestito dal non profit non è poi così attraente. Corriamo il rischio di appiattirci sulle posizioni dei finanziatori abdicando al ruolo di coscienza critica nei confronti del governo».
E polemica suscita anche l?insistenza di David Cameron sul ruolo risolutivo che l?impresa sociale potrebbe giocare nella lotta alla povertà. Craig Dearden-Philips, amministratore delegato di Speaking Up e imprenditore sociale: «Ho la sensazione che i conservatori di David Cameron abbiano la vision più chiara ed esplicita sul possibile ruolo dell?impresa sociale nel Paese».
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