Mondo

Trasformiamoci in prosumer (per non diventare “zombi”)

Non lavoreremo più come prima. Suggestioni sul mondo del dopo crisi

di Redazione

In un romanzo di Max Brooks – figlio del più famoso Mel – pubblicato nel 2006 per Cooper edizioni e a cui è ispirato un film di prossima uscita, si narra di una vera e propria guerra mondiale per fermare un’epidemia che trasforma gli umani in zombie. Uno degli aspetti su cui si sofferma il libro, scritto come fosse un report sui fatti destinato alle Nazioni Unite ma poi rifiutato, è il modo in cui l’epidemia costringe i superstiti a riorganizzare la loro vita in funzione della guerra ai mostri. Il libro è un ottimo spunto per ragionare su come l’avvento di situazioni traumatiche può aiutare, se non a sovvertire l’ordine, almeno a svelare le regole che ne presidiano il funzionamento e ne fissano le priorità.
Prendiamo un caso che ci riguarda da vicino, cioè il modello produttivo e l’idea di lavoro che sono stati egemoni sino all’avvento della grande crisi di questi mesi. La suddivisione delle attività umane in tanti diversi spazi di vita e micro azioni è forse la principale trasformazione che ha segnato l’avvento della modernità. Campo privilegiato è il lavoro, oggetto di una segmentazione che ha raggiunto livelli quasi parossistici anche in epoca post-fordista. Suddividere e specializzare è il presupposto fondamentale per aumentare e qualificare i livelli di produzione, anche se emergono distorsioni di vario tipo, alcune delle quali estremamente pericolose: deresponsabilizzazione lungo la catena di comando, “comparti stagni”, riserve di potere e interstizi organizzativi regolati da sistemi normativi sui generis.
Per funzionare questo sistema ha bisogno, fra l’altro, di un certo tempo e di una certa stabilità sociale che consente di “oliare” le routine favorendo così l’interiorizzazione di ruoli e procedure. Ma se cambiano le priorità cosa farsene dei knowledge workers quando invece servono artigiani, cacciatori, ecc.? E soprattutto come è possibile riconvertire persone che sanno fare una sola cosa soltanto (anche se benissimo)?
Ora, la crisi finanziaria non pone certo gli stessi problemi della guerra agli zombie, ma la questione sì. Che può essere affrontata attraverso un “giro di valzer” dell’assetto esistente, con qualcuno che diventerà più importante di altri e viceversa. Sarebbe però un’occasione persa per rifondare su nuove basi il nostro “saper fare” e, per certi versi, il nostro “saper essere”. Lo svolgimento di un’attività non implica sempre una rigida separazione da altre. Il caso del prosumer (un agente che è insieme produttore e consumatore del bene) è solo uno degli ambiti dove si potrebbe agire. A patto di poter disporre di modelli organizzativi capaci di favorire queste ibridazioni, limitando l’inevitabile aumento dei costi di transazione e promuovendo gli elementi di valore che potranno scaturire.

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