Non profit

Treu: ma sussidiarietà non significa assenza di regole e di controlli

Il senatore Pd

di Redazione

Il testo della riforma del 2001 era largamente concordato», premette Tiziano Treu, senatore Pd e membro dell’Intergruppo per la sussidiarietà, «ma poi l’attuazione è stata confusa».
Perché?
Si è ecceduto nei livelli di governo. Mancava l’anello fiscale che avrebbe dovuto chiudere il cerchio.
In che senso?
In tutto il mondo si parlava di decentrare, di avvicinare l’amministrazione alle esigenze dei cittadini, di valorizzare la partecipazione autonoma dei corpi intermedi. Era appunto la sussidiarietà verticale. Accanto a cui si è introdotta quella orizzontale, inizialmente più sottotraccia.
Ovvero?
Nel Novecento obiettivamente il peso del pubblico è stato largamente prevalente. Solo negli ultimi tempi si è cominciato a dire che non è più sostenibile che lo Stato faccia troppe cose e si è fatta avanti la tesi secondo cui deve selezionare i propri interventi e svolgere un ruolo più da regolatore che da gestore. Del resto il welfare state non può sostenere tutto. Occorre passare al welfare di comunità responsabilizzando i corpi intermedi. Ci vorrà comunque del tempo: da una parte lo Stato deve dismettere certi compiti, dall’altro la società non è detto sia pronta. E lo Stato non può scaricare le sue funzioni sui privati dicendo «facciano loro». Certe cose deve continuare a farle.
Per esempio?
Tutti devono avere la possibilità di avere cure adeguate. Il ruolo dello Stato, che deve essere finanziatore e garante dei livelli minimi, è fondamentale. Poi la fornitura di questi servizi può avvenire ad opera di strutture convenzionate. Che però non è detto siano sempre più efficienti ed economiche. Servono i controlli, anche per prevenire gli abusi che ad esempio abbiamo visto in alcune cliniche lombarde.
In alcuni settori siamo più avanti?
Il welfare integrativo, frutto di accorti bilaterali, è un caso tipico di sussidiarietà orizzontale. Deve essere meglio incentivato, ma devono essere fatte regole di governance e di controllo. Non si possono lasciare i fondi pensione senza un monitoraggio.
Visto il referendum, l’onorevole Vignali propone una gestione comunitaria dell’acqua. La ritiene una possibilità?
È vero che la consultazione ripropone il problema della gestione. Bisogna ripensare in modo non ideologico la ripartizione dei compiti fra pubblico e privati. Più in generale, la normativa sui servizi pubblici locali andrebbe chiarita. Serve una maturazione culturale: siamo un Paese di tradizione centralista, pur avendo molta vitalità nella società civile.

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