Non profit

Turismo, cultura ed energia: le nuove frontiere per uscire dal ghetto imposto dalla legge

Gianfranco Marocchi, consorzio Idee in rete: «Occorre stare con le orecchie tese ai bisogni di oggi»

di Redazione

«La 381 è stata sicuramente un’ottima legge», premette Gianfranco Marocchi, presidente del consorzio nazionale Idee in rete (cui aderiscono 36 consorzi territoriali e, per il loro tramite, circa 500 cooperative, con circa 6mila addetti), realtà della galassia Federsolidarietà/Confcooperative che da poche settimane è entrata a far parte del Comitato Editoriale di Vita, «ma in questi anni sono cambiate molte cose…»
Per esempio?
L’articolo 4 della 381 elenca i soggetti svantaggiati. Non fa menzione né dei rifugiati né dei migranti. I quali oggi sono una realtà pressante.
Dunque?
È difficile dire cosa avverrà in futuro. Penso però che la cooperazione sociale debba continuare ad essere in dialogo con il contesto in cui opera. I bisogni evolvono e le risposte devono cambiare con essi. Non c’è niente di peggio che farsi trascinare da un impianto normativo.
Le cooperative lo fanno?
No. Per esempio oggi ci sono molte imprese che si occupano di energie rinnovabili. Così realizzano inserimenti lavorativi. Cui però si aggiunge ed è connesso un ulteriore valore: la cura per l’ambiente e la sostenibilità. È un positivo esempio di come ci si sia lasciati interrogare e si sia proposta una risposta. Lo stesso è avvenuto in altri ambiti, ad esempio nella domiciliarità dove si sono proposte prestazioni integrate. Per perseguire l’interesse generale della collettività occorre stare con le orecchie tese ai bisogni.
La legge può garantire questo metodo basato sull’ascolto?
Oggi per certi aspetti è di ostacolo. Occorrerebbe allargare l’ambito di intervento delle cooperative sociali allargando così le possibilità ad esempio al turismo sociale, alla cultura, all’energia. Lo si potrebbe equiparare almeno a quello delineato per l’impresa sociale.
Sarebbe sufficiente ampliare i settori d’intervento?
Vorrebbe dire allargare l’azione delle cooperative ai bisogni di questo tempo. Solo rimuovendo i vincoli, già si farebbe un buon servizio. Se poi si volessero fare delle politiche incentivanti…
Che si potrebbe proporre?
Nessuno ha mai pensato di incentivare le reti. Sulle quali però la cooperazione si è sviluppata. Tutti ne hanno sempre magnificato l’importanza, giacché permettono l’innovazione, senza però decidere di finanziarle direttamente. Ora che cosa succede? Che se un bando prevede il tutoraggio lo affida al consorzio nazionale e si alimenta così indirettamente la rete. Questo vuol dire sottrarre risorse ai progetti, alle iniziative.
Dunque meglio linee specifiche di finanziamento…
Certo, anche perché le reti possono essere meno necessarie se si vuole fare un servizio di assistenza domiciliare, perché il know how è ormai molto diffuso ma se si vuole mettere in piedi l’housing sociale per immigrati integrandolo con l’inserimento lavorativo c’è bisogno di una rete che sostenga i costi pre-imprenditoriali, la ricerca, le analisi.
E però le risorse scarseggiano…
Per scelte politiche, non per la crisi economica. Ciò detto, è vero che occorrerà aggiornare i prodotti, rendendoli più sostenibili e quindi meno onerosi per le famiglie e per i Comuni. Riallocando le funzioni e usando meglio la tecnologia è possibile ridurre il costo medio delle prestazioni.

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