Scenari di guerra
Ucraina, pioggia di bombe mentre la diplomazia arranca
Dalla notte tra venerdì 23 e sabato 24 maggio, tra missili balistici, missili da crociera e droni la Russia ha sparato almeno 700 ordigni, colpendo 16 regioni diverse, anche se il grosso si è concentrato su Kiev. «Nella popolazione c'è una stanchezza cronica», racconta, dalla capitale ucraina, Piero Meda di WeWorld. La popolazione è sempre più provata. «Mancano soprattutto cibo, accesso all’acqua potabile e medicinali», spiega Filippo Agostino, capo missione della ong Intersos

Il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan ha annunciato che il suo Paese è pronto a ospitare un nuovo round di negoziati tra le delegazioni di Kiev e Mosca, dopo quelli di metà mese che hanno portato all’accordo sullo scambio di mille prigionieri appena conclusosi. Intanto, dall’altra parte dell’Atlantico il Wall street journal scrive che Donald Trump starebbe caldeggiando l’ipotesi di imporre severe sanzioni alla Russia nel corso di questa settimana. Si tratterebbe, nel caso, della prima risposta concreta agli ultimi, pesanti, attacchi russi, che finora il presidente statunitense non aveva commentato se non con un «È completamente impazzito» riferito a Vladimir Putin. Ma mentre la diplomazia va a rilento, le bombe continuano a cadere sull’Ucraina.
Un attacco senza precedenti
Dalla notte tra venerdì 23 e sabato 24 maggio, tra missili balistici, missili da crociera e droni la Russia ha sparato almeno 700 ordigni, colpendo 16 regioni diverse, anche se il grosso si è concentrato su Kiev. Nonostante l’incessante lavoro della contraerea, sono morte almeno 30 persone, mentre i feriti sono decine. Si tratta del più grande attacco su larga scala dall’inizio della guerra. «Gli effetti per la popolazione sono pesanti, praticamente la gente non dorme più», racconta a VITA Piero Meda, che da Kiev guida la missione della ong WeWorld in Ucraina. «Se prima di settimana scorsa gli alert suonavano massimo tre volte a notte, negli ultimi giorni invece è stato un continuo. C’è paura, la gente arriva tardi al lavoro perché al mattino si concentra a verificare che tutti i parenti e gli amici stiano bene».
La popolazione è sempre più stanca
Da tempo l’Ucraina chiede un cessate il fuoco che la Russia non accoglie mai. «Tra la popolazione si percepisce una stanchezza cronica, ovviamente maggiore in chi è al fronte. È come se la luce in fondo al tunnel iniziasse a essere più lontana, gli ucraini non sono più così convinti del successo della liberazione», continua Meda. «Ma stanno tenendo botta, sperando che queste siano le ultime cartucce di Putin prima di arrivare a nuove trattative».
Dopo quasi tre anni e mezzo di guerra – è appena cominciato il 40esimo mese – secondo i dati delle Nazioni Unite il numero di sfollati in Ucraina è di almeno 3,7 milioni, mentre le persone che necessitano di assistenza umanitaria sono almeno 12,7 milioni, il 36% della popolazione totale. Considerando la leva obbligatoria, si tratta quasi esclusivamente di donne, anziani e bambini. «Cifre assurde», ha commentato in un videomessaggio l’arcivescovo di Kiev Sviatoslav Shevchuk. «La guerra», ha aggiunto, «continua ad aggravare una crisi umanitaria che rischia di diventare non solo la più grande in Europa, ma in tutto il mondo».
Cibo, cure, igiene: i bisogni della popolazione
Nonostante il concetto di pace giusta rimanga ben radicato nella popolazione e la volontà di non cedere territorio alla Russia persista, la popolazione, sebbene sia ormai assuefatta a questa condizione, è sempre più provata. «Mancano soprattutto cibo, accesso all’acqua potabile e medicinali», spiega Filippo Agostino, capo missione della ong Intersos, che fa base a Dnipro. L’aspetto sanitario, assieme alla fame, è l’emergenza principale: «Stiamo notando un forte aumento nei problemi psicosociali legati all’impatto della guerra sulle persone, così come un aumento delle malattie croniche, dovuto al fatto che essendoci meno servizi non si riesce a fare visite, così la prevenzione e il percorso di cura procedono a rilento o non procedono proprio».
Tra i problemi più allarmanti, riferisce Meda di WeWorld, c’è anche il fatto che è in forte aumento il numero di donne a cui si è bloccato il ciclo mestruale a causa dello stress dovuto alla guerra. «Al netto di questo, c’è un’emergenza da un punto di vista igienico che noi cerchiamo di sopperire con la distribuzione di kit. In questi, tra l’altro, inseriamo anche degli assorbenti, perché vengono reputati un bene non di prima necessità e quindi scarseggiano».
Le ong costrette a rivedere i propri piani di intervento
In tutto questo, la risposta umanitaria, già di per sé insufficiente, risulta ancora più complicata a causa dei tagli al settore che sono stati operati da diversi attori internazionali, primi fra tutti gli Stati Uniti con il loro smantellamento di Usaid. «Anche se non siamo stati colpiti direttamente qui in Ucraina, i tagli a progetti in altre aree ci hanno costretto a un ridimensionamento totale dei nostri piani di intervento, tanto che alcune attività che facevamo sono saltate», sottolinea Agostino. Situazione analoga per WeWorld. «Fortunatamente noi non avevamo contratti con Usaid, però siamo stati colpiti indirettamente perché alcuni interventi che avremmo dovuto fare con ong americane alla fine ci siamo trovati a farli da soli», dice Meda. «Il fatto stesso che l’Onu abbia lanciato, dopo il proprio piano umanitario, anche un piano di riprioritizzazione fa capire il contesto. Dei fondi che erano considerati sicuri sono venuti improvvisamente a mancare, con conseguenze dannose soprattutto nel settore della salute e di tutto ciò che riguarda l’acqua, quindi non solo acqua potabile ma anche riscaldamento e così via».
In apertura: Ukrainian Emergency Service via AP/Associated Press/LaPresse
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