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Uganda, governo e insegnanti ai ferri corti

Lo sciopero, partito oggi, è solo l’ultimo atto di una battaglia in difesa dei 160.000 docenti che lavorano nelle scuole pubbliche. Obiettivo: finanziamento adeguato all’istruzione e un salario di sussistenza.

di Redazione

160.000 insegnanti sul piede di guerra: in Uganda l'anno scolastico comincia con uno sciopero nazionale, indetto dall'Unione Nazionale Insegnanti dell'Uganda (UNATU). James Tweheyo, segretario generale del sindacato, non usa mezzi termini: queste persone, chiarisce,  torneranno dietro le cattedre solo quando  le loro richieste verranno soddisfatte, e non si lasceranno certo spaventare dai tentativi intimidatori di alcuni funzionari del governo. 
 
L’abolizione delle tasse scolastiche consente a tutti gli ugandesi di raggiungere l’istruzione primaria, ma rimangono i problemi strutturali: edifici fatiscenti e privi di servizi, classi composte da oltre cento allievi. Rispetto alle altre categorie del settore pubblico, i docenti  risultano essere  i peggio pagati: nella scuola primaria  guadagnano il corrispettivo di 120 dollari al mese mentre le loro controparti della secondaria ne portano a casa duecento.  A questo si aggiunga il problema dell’inflazione galoppante nello stato africano: + 43%  circa sugli alimentari. In questi frangenti, gli insegnanti lottano per la sopravvivenza. 
 
«Siamo perfettamente in regola: avendo avvisato il governo novanta giorni prima, ci siamo attenuti alla legge», ha chiarito Tweheyo. Che prosegue: «Le autorità pretendono che le scuole rimangano aperte. Sì, le scuole apriranno, ma una scuola senza insegnanti è solo un edificio, e non possiamo certo far credere che le cose vadano per il verso giusto».
 
I rappresentanti di UNATU hanno avuto recentemente un incontro con il presidente Yoweri Museveni. Quest’ultimo  si è mostrato inizialmente attento ai bisogni della categoria: ha nominato l’attuale Ministro della Pubblica Istruzione  Jessica Alupo a capo di una commissione di tecnici, per trovare fondi nel bilancio utili alla causa.
 
Ma di buone intenzioni, si sa, è lastricata la via dell’Inferno. Tweheyo denuncia una situazione di stallo tra i docenti e la Commissione, benché i rappresentanti UNATU abbiano verificato la presenza concreta di aree nel bilancio da cui estrapolare i fondi per le retribuzioni.
 
«Constatiamo con dispiacere che il denaro è stato speso per i lussi dei ministri, gli svaghi, i viaggi all'estero e vogliono impiegare questi soldi per futilità come le feste di fine anno», pungola Tweheyo. «Abbiamo chiesto loro un po’ di buon senso, di rivedere quelle spese accessorie che tolgono a chi in questo momento ne ha maggiore bisogno. Sono stati irremovibili, questo è il punto della controversia».
 
Di fronte alle ragionevoli richieste dell’Unione, il governo ha replicato, arrivando a minacciare il licenziamento per gli insegnanti in sciopero.
 
«Naturalmente sappiamo che il governo è pronto a tutto e siamo pronti a bere l’amaro calice del loro gioco crudele, compreso il tentativo di inseguire gli insegnanti fuori dal posto di lavoro», è la sfida del sindacalista. Che conclude: « Abbiamo detto che il governo deve agire perché il governo ha la chiave per risolvere la situazione; se domani otterremo una risposta da chi di dovere,  gli insegnanti torneranno immediatamente in classe, a fare il proprio mestiere come sempre hanno fatto».
 

 

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