
Una rappresentazione vivente del”Cristo morto” del Mantegna. Così appariva Ivano, addormentato nella sua stanza d’ospedale: inerte sul letto. I capelli ricci scomposti sul cuscino, il viso leggermente contratto, le lenzuola bianche, che creavano forme plastiche sul suo corpo,, il ragazzo apparve alla sua fidanzata Francesca, come permeato da un’aura spirituale. Le terapie e gli esami clinici lo stavano sfinendo e il suo colorito era terreo. Francesca voleva fargli una sorpresa portandogli dei cioccolatini, ma si pentì del suo gesto, che poteva apparire inopportuno in un momento così drammatico. Si sedette sconsolata quando venne colpita dalle mani del giovane: erano strette a pugno, come quelle di un bimbo capriccioso. Ivano non si stava trasfigurando, aveva una maledetta sete di vita ed era arrabbiato con la sua malattia. In lui c’era desiderio di normalità anche banale. Francesca provo un po’ di sollievo: chissà i cioccolatini, dopotutto, gli avrebbero fatto piacere.
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