Chi gestirà i 20 miliardi? Con quali vincoli e strategie?Venti miliardi di dollari da erogare nei prossimi tre anni per far fronte all’emergenza fame nel mondo: una iniziativa a carattere straordinario annunciata già nel corso della prima giornata dei lavori del Vertice dal presidente Usa Obama e alla quale gli altri Paesi si sono dovuti allineare per dare a questo appuntamento del G8 una parvenza di incisività.
Dopo il balletto delle cifre succedutosi nei tre giorni del Summit – dai 15 miliardi iniziali ai 20 che sono stati decisi nella dichiarazione finale dell’ultimo giorno, passando per i 10-15 annunciati in conferenza stampa alla chiusura del secondo giorno di lavori dal presidente Berlusconi – l’ammontare definitivo è stato fissato con il plauso dei media internazionali e la soddisfazione delle organizzazioni internazionali presenti a L’Aquila, Fao in testa.
Che questa sia una decisione da annoverare tra i risultati – pochissimi per la verità – raggiunti dagli otto è fuori discussione. Così come è fuori dubbio che l’aver rimesso tra le priorità dell’agenda questioni come la fame, l’Africa, la povertà, i cambiamenti climatici e l’assenza di controlli e una condotta amorale quali maggiori cause della attuale crisi globale sia un dato importante.
Ciò premesso, e lungi da tendenze disfattiste, un’analisi più approfondita dell’impegno assunto lascia però non poche perplessità. Innanzitutto quella relativa alla cifra che, sebbene importante, non è minimamente paragonabile a quelle investite nel salvataggio dei centri della finanza internazionale, né lontanamente adeguata alle enormi e crescenti necessità di un mondo sempre più “affamato”. È della Fao il monito con il quale meno di un mese fa viene sbattuta in faccia a tutti la cifra mai prima raggiunta di oltre 1 miliardo di persone che soffrono la fame, numero che cresce negli ultimi anni alla vertiginosa velocità di 100 milioni di persone all’anno.
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