Non profit

Un nemico chiamato caos

La testimonianza di Maura Morandi dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati

di Redazione

Nonostante l’abitudine ad operare in scenari del genere, anche l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) sta affrontando un bel po’ di problemi per portare sostegno ai profughi georgiani. Lo conferma Maura Morandi, coordinatrice di programmi umanitari dell’agenzia e corrispondente dalla Georgia per l’Osservatorio del Caucaso. In questi giorni è lei ad avere la responsabilità della distribuzione degli aiuti.
Vita: Qual è la difficoltà maggiore con cui vi state confrontando?
Maura Morandi: Manca qualcuno che coordini le varie organizzazioni. Tutti vogliono darsi da fare, ma si rischia che alcune zone rimangano senza assistenza e altri ne ricevano troppa.
Vita: Chi dovrebbe pensarci?
Morandi: Il ministero dei rifugiati di Tbilisi, ma non ha le capacità per affrontare un tale numero di persone.
Vita: Bastano le strutture e il materiale?
Morandi: Le prime ci sono, ma spesso nelle scuole o negli edifici pubblici mancano le cucine e dei servizi igienici capaci di servire centinaia di persone. Il materiale, invece, proprio non c’è.
Vita: Come mai?
Morandi: Non ce lo possono fornire. Per esempio: abbiamo bisogno di 100mila materassi, ma ci sono poche aziende e una ne produce 3mila in 10 giorni. Dobbiamo farli arrivare dall’estero, con grandi spese.
Vita: Sono già presenti le organizzazioni governative, e non, internazionali?
Morandi: Sì, ce ne sono di georgiane e di straniere. Non mancano neppure i volontari. Molti ragazzi si impegnano perché vengono da Gori o avevano i parenti lì.
Vita: Esistono numeri certi sui profughi? I russi dicono che molti sono in Russia, i georgiani il contrario?
Morandi: Sicuramente c’è una divisione per etnie: 30.000 osseti sono andati in Russia, i 15.000 georgiani residenti in Ossezia, e quelli di altre regioni e città, come Gori, a Tbilisi.
Vita: L’Italia sta portando il suo contributo?
Morandi: La Croce Rossa è già qui, sta allestendo una cucina da campo.
Vita: Ma riuscite a muovervi liberamente?
Morandi: Ogni spostamento è un’incognita. Tskhinvali (capitale dell’Ossezia del sud, ndr) è ancora inavvicinabile. Qualche giorno fa un nostro camion è entrato Gori, ma i militari non fanno passare tutti. Comunque se non possiamo svolgere un’indagine preliminare, è inutile mandare gli aiuti, rischiamo di distribuirli a caso e senza criterio.
Vita: Una speranza?
Morandi: Che continui il sostegno che i governi occidentali stanno dando alle organizzazioni umanitarie.

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