Non profit

un ottobre tra guerre finte e guerre vere

di Redazione

Mafia. È stato pubblicato il “papello”, dodici punti messi bianco su nero dalla mafia per trattare con lo Stato nel periodi delle stragi 1992-1993. Molte le testimonianze e le prese di posizione, molta la confusione. Che cosa ha veramente “trattato” lo Stato? Nel senso di: che cosa ha poi concesso ai mafiosi assassini di Borsellino? Fra i punti pubblicati nulla, la lista delle richieste mafiose ha un’aria totalmente surreale, almeno letta oggi. Giampaolo Pansa ha addirittura raccontato che quel foglio era allegato al libro che l’ex sindaco di Palermo Ciancimino aveva scritto prima di morire. Francesco La Licata, cronista esperto di queste cose, su La Stampa è stato più che scettico e ha intervistato sul tema, in modo illuminante, il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. La Licata teme che si cerchi un “capro espiatorio” qualsiasi, per chiudere una polemica aperta da Santoro ad Annozero con l’aiuto di Claudio Martelli. Un passato che non vuol passare.

Guerra. Eppure c’è una guerra vera in Italia. Nel giro di 24 ore l’hanno ammesso Antonio Di Pietro («ma la tregua arriverà solo alla fine della guerra?», ha avvertito) e Angelo Panebianco sul Corriere che ha parlato di «guerra civile strisciante». Che guerra è? Uno scontro violento fra l’opposizione da una parte, egemonizzata però, andando verso l’estremismo, da Repubblica fino al grillismo, e dall’altra Berlusconi, che, nell’estate del dopo D’Addario, ha impresso una svolta energica alle sue continue risposte, mediatiche e no. Il clima è poi reso più rigido da una società che ha motivi seri di disagio e di maldipancia. Il risultato è una miscela esplosiva, dove la frustrazione può sfociare nella protesta violenta.

Exit. Un bambino di sei anni è morto nella sua casa alla periferia di Napoli. L’hanno trovato riverso sul letto accanto alla madre, ricoverata gravissima in ospedale, intossicato dalle esalazioni di ossido di carbonio, provenienti da un braciere. I due, madre e figlio, venivano da Capoverde ma il bambino si era integrato, era un ottimo scolaro di prima elementare, aveva già imparato a leggere e scrivere nella nostra lingua. Evidentemente però i problemi economici erano enormi, la luce era stata staccata, così, ai primi freddi, la tragedia. Un Paese che non fosse assorbito dalla guerra per i potentati, dovrebbe fermarsi a chiedere come sia possibile e giusto morire così.

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