Mondo
Un paese da ricostruire partendo dai banchi di scuola
Donata Lodi illustra l'impegno a tutto campo di Unicef per i più piccoli
di Redazione
Obiettivo: far ripartire le lezioni per almeno 300mila bambini. Ma anche formare gli insegnanti, inviare kit scolastici. E spezzare il circolo vizioso dell’abbandono«Per Haiti è una fase molto delicata», premette Donata Lodi, direttore programmi di Unicef Italia (che da sola ha raccolto 6 milioni di euro, che si sono aggiunti ai 170 milioni di dollari raccolti dai comitati locali). talmente tanti sono i fronti su cui si sta lavorando».
Vita: Cominciamo dal più importante.
Donata Lodi: Anzitutto stiamo rivedendo il fabbisogno di ciascuna delle aree colpite dal sisma. Un impegno significativo e che coinvolge direttamente il nostro staff. Unicef era presente da anni ad Haiti con 60 persone, molte delle quali sono state colpite in prima persona dal terremoto. Adesso sul campo ci sono 220 colleghi, molti dei quali provenienti da altre aree e che hanno dato una disponibilità di sei mesi o un anno. La prima urgenza è naturalmente impostare il processo della ricostruzione, sapendo che non si tratta di ricostruire meglio di prima quanto di costruire in modo completamente diverso. Poi occorre far ripartire le scuole.
Vita: Qual è la situazione degli edifici scolastici?
Lodi: Le scuole erano quasi tutte private e complessivamente proponevano un’offerta educativa di bassissima qualità. Ora si deve non solo mettere in piedi le tende dove far ripartire le lezioni per almeno 300mila bambini, ma soprattutto si deve fare formazione degli insegnanti, d’intesa con le autorità locali. È da ricostruire tutto un sistema educativo. Ci stiamo lavorando con Save the Children, che è il partner principale per questo ambito. Stiamo inoltre mandando 720mila kit scolastici: sembrano moltissimi ma se si pensa che nell’isola ci sono 3 milioni di bambini alla scuola primaria…
Vita: Minori che oltretutto necessitano di programmi di protezione…
Lodi: Senza dubbio. Ma va anzitutto spezzato il circolo vizioso che agiva anche prima. Le famiglie povere, prive di ogni sostegno, mettevano in istituto i figli non avendo di che mantenerli. Occorre contrastare questa intrinseca fragilità. Certo rimandare i piccoli nel nucleo, ma poi aiutare la famiglia. Stiamo puntando su campagne informative, messaggi di sensibilizzazione e poi sulla ricerca di sussidi materiali.
Vita: Sul fronte sanitario?
Lodi: La campagna di vaccinazione sta andando avanti, ma dobbiamo riflettere su come rimettere in funzione il sanitario di routine. E poi c’è il problema enorme degli impianti igienici. Trasversale a tutti i settori, però, c’è da porre una attenzione particolare: uscire dalla logica di portare gli aiuti e iniziare a lavorare con il governo e le ong locali, contribuendo alla crescita della società civile. È un lavoro di lungo periodo ma necessario.
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