Mondo
Un ponte per.. in festa
La festa della Ong per cui lavorano Simona Pari e Simona Torretta
di Redazione
Baci, abbracci, risate, pianti, urla di gioia: e’ la fine dell’incubo per i volontari di ‘Un ponte per…’ che da ventuno giorni vivevano legati al filo sottile delle notizie contraddittorie sulla sorte delle loro ‘margherite’. La fine del tunnel ha il sapore frizzante del prosecco offerto e il colore bianco e giallo delle margherite, regalate a centinaia sotto la sede dell’organizzazione da volenterosi e anonimi ragazzi: il simbolo scelto dalla Ong per tenere viva l’attenzione sugli ostaggi diventato ormai il simbolo della pace. Nella sede al secondo piano di piazza Vittorio a Roma i telefoni nel pomeriggio sono letteralmente impazziti.
La notizia della liberazione l’hanno saputa da Al Jazeera, solo dopo e’ giunta ai responsabili la conferma da parte del Governo italiano. Fabio Alberti, presidente di ‘Un ponte per’, ha gli occhi rossi di chi ha pianto a dirotto: ”Erano ventuno giorni che me lo tenevo”, ha detto ai suoi, che lo guardavano meravigliati. E poi, subito dopo, l’ennesima ‘dichiarazione d’amore’ nei confronti dell’Iraq: nonostante tutto, non e’ nostra intenzione abbandonare il popolo iracheno, avrebbe detto ai suoi. Poi, tutti di corsa, sotto la sede, dove giornalisti e operatori aspettano ammassati, ma solo per urlare al megafono le parole di uno scarno comunicato, ”per non speculare su questa vicenda”: ”L’unica notizia che aspettavamo e’ arrivata – ha detto la volontaria leggendo da un foglio di carta – ci sara’ tempo per ricostruire, ora vogliamo solo ringraziare tutti coloro che hanno collaborato a questo meraviglioso risultato, a partire dal mondo arabo e musulmano che in tutto il mondo, e in Iraq, si e’ mobilitato in modo corale. Un ringraziamento alla societa’ civile, alle forze politiche, alle organizzazioni religiose, alle organizzazioni della resistenza irachena. Un ringraziamento ai governi, a quello italiano e a quelli dell’area.
Molti sono stati partecipi seguendo la linea del dialogo e della collaborazione. Abbiamo detto all’inizio di questa vicenda che il rapimento dei nostri quattro operatori di pace era una metafora della guerra. Che in Iraq ci sono milioni di altre persone ostaggi, della guerra e della violenza, prigionieri e rapiti. Non ci scorderemo di loro, chiediamo a tutti di non scordarli”. Il messaggio si conclude con una speranza: ”Che anche la liberazione delle margherite possa essere una metafora della fine della guerra e dell’occupazione, che possa prevalere anche per tutti gli iracheni la linea del dialogo e che tacciano le armi”. Dopo la lettura del comunicato, tutti di nuovo su, a festeggiare.
Arrivano anche sindacalisti e politici: i deputati Giovanni Russo Spena e Nichi Vendola (Prc), Paolo Cento e Francesco Martone (Verdi), Rinaldini e Cremaschi (Fiom), il responsabile Esteri di Rifondazione Giovanni Migliore. Arriva anche Mino Sergi, di Intersos, che ha gia’ parlato con Manhaz Bassam, la ragazza irachena rapita insieme ai suoi amici di ‘Un ponte per’. Presenti anche rappresentanti del comitato Fermiamo la guerra tra cui Alfio Nicotra, Raffaelle Bolini, Piero Bernocchi che hanno sostenuto che a vincere e’ stata la politica pacifista. Di fronte alla sede, intanto, qualcuno ha spiegato un enorme ‘lenzuolo della pace’, ottenuto mettendo insieme decine di bandiere arcobaleno. L’associazione ‘Basta guerra’ invece, ha tagliato uno striscione precedentemente preparato con la scritta ‘Liberiamo’ e lo ha trasformato in ‘Libero’: ora sventola sopra il portone di piazza Vittorio. ”Volevamo usarlo per il nostro sit-in in programma stasera davanti a Palazzo Chigi – dice Nella Ginatempo – doveva essere accompagnato dalla bandiera della pace”.
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