Cultura

Un tiepido spavento

Per The Ring 2 torna alla regia il “padre” Nakata.( di Andrea Leone).

di Redazione

Tutto è incominciato nel 1998 con Ringu, un horror giapponese originale e inquietante. Il successo ha prodotto un sequel in patria e poi la versione americana, The Ring. Il processo di vampirismo che Hollywood sta compiendo da qualche anno nei confronti del cinema orientale continua ora con The Ring 2, che vede ritornare dietro la macchina da presa il regista del film capostipite, Hideo Nakata.
La storia, in cui la concezione scintoista degli spiriti malvagi si sposa al tradizionale horror movie occidentale, ruota intorno a una misteriosa videocassetta, la cui visione provoca la morte entro sette giorni. Scorrono le immagini di Samara, una delle ragazze morte, in realtà una non-morta che tenta di reincarnarsi spargendo terrore e maledizioni. In questo seguito la giornalista Rachel Keller, rifugiata in una cittadina di provincia con il figlio, cerca di rifarsi una vita, ma un caso di omicidio riporta al centro della sua esistenza il fantasma vendicativo di Samara.
Il difetto principale del film è quello di quasi tutti i sequel; chi conosce il precedente episodio sa o indovina tutto, chi non lo conosce assiste a un film in cui sono i personaggi a sapere già tutto. La storia non è più una storia ma un meccanismo autoreferenziale, un universo chiuso che si ripete all?infinito; la vicenda della sepolta viva è già accaduta e costituisce un repertorio mitico da ricostruire di continuo : l?indagine sul trauma della ragazza fantasma produrrà probabilmente un paio di altri scontatissimi seguiti.
Ciò che salva The Ring 2 è la vibrante esecuzione, la qualità cinematografica. Nakata, regista dotato di buona tecnica, è un sapiente architetto dello spavento, lento e solenne specie nei momenti più inquietanti; le immagini possiedono una innegabile potenza visionaria e ricordano il miglior Dario Argento. Del maestro italiano Nakata riprende anche l?indagine sul soprannaturale e la costante di una eroica bellezza femminile al centro di un universo orrorifico.
La cosa migliore è forse l?interpretazione di Naomi Watts: un?attrice la cui recitazione vibra di una energia rara, la cui bellezza è scolpita e moltiplicata nello spavento e nella tensione. Anche in un film dichiaratamente commerciale come questo e alle prese con un personaggio che sfiora lo stereotipo, il suo impegno è profondo; l?attrice australiana non si nasconde dietro i personaggi ma pare svelarsi attraverso di essi, con esiti sempre persuasivi.
Andrea Leone

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