Lavoro per tre cause, al momento. Una di Roma, una di Milano e una romagnola (Lugo). Oltre al profilo strategico del fundraising, curo qualche contatto con i donatori. Li cerco, li metto in contatto, faccio il primo appuntamento, magari accompagnando i “giovani” fundraiser dell’organizzazione. C’è un donatore, da cui ho ricevuto un’email proprio questa mattina, che è disposto ad incontrarmi. È una persona che non ho mai visto prima, ma che ha una relazione personale con uno dei miei colleghi universitari; quando ho inviato l’e-mail per presentarmi ho fatto riferimento al mio collega dicendo, (ovviamente con il suo permesso): «ehi, sa, mi ha detto Tizio che probabilmente le farebbe molto piacere incontrarsi, quindi, secondo i suoi programmi, quando potremmo vederci?», e ho proposto una data precisa. Penso che fare riferimento al mio collega abbia fatto la differenza.
Anche quando i donatori possono non essere entusiasti dell’incontro, o non vogliono farmi “perdere tempo” perché non potranno donare tanto quanto l’anno scorso, che sia per colpa dell’andamento economico, di un divorzio, un lutto, un cambiamento di lavoro e quant’altro…, beh, uno dei modi per metterli a proprio agio e rassicurarli è dire loro che l’incontro non riguarderà solo quanto doneranno quest’anno. Il loro sostegno è importante per noi? Certamente. Avere rapporti con loro è importante per noi? Ancora di più. Purché mantengano il loro interesse e impegno verso l’organizzazione, vogliamo essere con loro quest’anno, l’anno prossimo e quello dopo ancora. Se sono disposti a sedersi con me, a tenere questa conversazione, credo sia perché avvertano sollievo: nulla cambierà nei loro rapporti con l’organizzazione, continueremo ad apprezzarli per quanto hanno donato, riconosciamo il loro valore come persone e il loro impegno per l’organizzazione.
www.valeriomelandri.it
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