Il welfare «vagheggia» di essere comunitario, ma si basa su modelli «tarati sulle grandi città», che nella realtà italiana di millimetri e microcosmi, «producono fatalmente sradicamento e istituzionalizzazione». Lo dice Paolo Peruzzi, direttore della cooperativa Koiné di Arezzo, che ha presentato una ricerca sui servizi agli anziani.
Vita: Qual è il contesto dell’aretino?
Paolo Peruzzi: Ci sono almeno 14mila persone che hanno bisogno già subito di assistenza, contro 1.250 posti tra Rsa, centri diurni, strutture semiresidenziali.
Vita: Quali sono i limiti di questa risposta?
Peruzzi: L’offerta è concentrata nei grandi centri, ma la provincia di Arezzo ha 5 comuni oltre i 15mila abitanti su 39, con una vasta area montana. L’anziano di Chitignano o non ha risposta o è messo a 40 chilometri da casa, dove non ha relazioni.
Vita: E poi?
Peruzzi: Si fanno strutture con più posti, per ridurre i costi, in base all’economia di scala. È vero il contrario: le strutture piccole, con standard qualitativi e relazionali infinitamente maggiori, non costano più delle grandi strutture.
Vita: Qual è la vostra proposta?
Peruzzi: Con una Fondazione di comunità creare servizi di piccole dimensioni, da 8/10 posti letto, posti in maniera articolata sul territorio e nei quartieri, dentro i condomini. Andare verso la comunitarietà del welfare. L’abbiamo già sperimentato.
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.