Non profit

una bussola per chi vuole mettersi in proprio

L'impresa e l'imprenditore

di Redazione

L’art. 2082 del Codice civile recita: «È imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi», quindi è possibile definire l’impresa come «attività economica professionalmente organizzata per la produzione o lo scambio sul mercato di beni e/o servizi».
Per esempio, sarà impresa un’industria orientata alla produzione di apparecchi elettronici, scarpe, automobili ecc., come imprese sono una banca, una ditta di trasporti, un’agenzia di pubblicità o altra attività orientata alla produzione di servizi, o ancora un grossista o una rivendita al dettaglio dove è possibile acquistare merce o servizi prodotti da altri. Si tratta di imprese con oggetto, dimensione e organizzazione diversa, ma tutte rientranti nella definizione del codice.

Il non profit
Non è impresa, invece, l’attività di un gruppo di persone che si trova una volta l’anno per costruire giochi o cucinare torte da rivendere alla fiera natalizia di paese, perché manca del requisito della professionalità; né potrebbe considerarsi impresa l’attività senza fini di lucro di un’associazione che presta cure gratuite ai bisognosi o di una qualsiasi organizzazione non profit, certamente qualificabile come umanitaria e non economica. Infine, non è impresa ma esercizio di professione intellettuale l’attività di un giornalista che scrive in proprio articoli per diverse testate o di un fotografo che vende i propri scatti, perché manca il requisito di una vera organizzazione di mezzi.

L’azienda
Tante volte si usano indifferentemente le espressioni “impresa” o “azienda” ma non sono equivalenti in senso stretto. Per azienda s’intende solo una parte dell’impresa poiché l’articolo 2555 testualmente recita: «L’azienda è il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa». Il termine azienda, dunque, indica i mezzi utilizzati dall’impresa per la produzione economica (o lo scambio). Per gli economisti si tratta dei cosiddetti “fattori di produzione”, elementi materiali e immateriali che giocano un ruolo determinante non solo per l’impresa ma per il sistema economico nel suo complesso, perché suscitano numerosi interessi secondari. Si pensi, per esempio, al fattore manodopera, nel quale si riuniscono gli interessi dei dipendenti di una certa impresa e, più in generale, della comunità, tanto che il lavoro è citato nel primo articolo della Costituzione («L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro»); oppure al fattore capitale, dove si sommano gli interessi di chi ha investito nell’impresa ma anche quelli economici del Paese.

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