self evident
è vero, noi persone siamo solo poesie [1] al 90% metafora e un significato sottile quasi iperdistillato c’era una volta eravamo lume di luna giù per il collo della giraffa sì, velocemente giù per il corridoio infinito in barba a quello che dice megafono sì, velocemente giù per quelle scale infinite con il whisky dell’eternità fermentato e distillato in diciotto minuti che ci brucia in gola giù per l’atrio giù per le scale la torre è così alta che sarà sempre lì insieme all’altra nella prua dell’arca di noé la coppia perfetta che scalcia parcheggiata contro il cielo azzurrissimo di un mattino beato nell’aria quasi primaverile del giorno che gli usa caddero in ginocchio dopo aver fatto i bulli per un secolo senza mai dire grazie o per favore [2]
e la scossa fu lentissima e il fumo assordante dalla prima battuta all’ultima perché eravamo in ufficio puntuali eravamo saliti tutti su quell’aereo e mentre le fiamme impazzivano eravamo affacciati alle finestre tenendoci per mano e siamo saltati verso il cielo
e tutta la città rimase a guardare in alto quegli effetti speciali mai visti l’esodo a piedi o in macchina come nella peggiore delle guerre mai viste lontane arroganti e ingenui come spettri poetici e lontani e il commentatore del cazzo che non usciva da “mio Dio”, “è incredibile” e così via e allora già che ci siamo sapete che vi dico tenetevi il pentagono tenetevi la propaganda tenetevi tutte le televisioni che hanno cercato di convincermi a partecipare nel piano ideato da una scuola di delinquenti per infliggere la punizione eterna la punizione eterna mentre il fumo blu dalla nostra punizione pende ancora nell’aria e abbiamo cenere sulle scarpe sui capelli e polvere sottile sui davanzali da hell’s kitchen a brooklyn [3] e per le strade circolano storie di svolte improvvise e scontri mancati e ogni bar aperto si riempie fino al soffitto di racconti, ve l’avevo detto e il whisky scorre come non l’ha mai fatto su tutto il paese e la gente scuote la testa e si versa da bere
alla salute allora di tutti coloro che abitano in palestina in afghanistan in irak
in el salvador
di tutti quelli rinchiusi nella riserva di pine ridge [4] sotto lo sguardo gelido del monte rushmore [5]
di tutti i medici e le infermiere che hanno offerto alle donne il diritto di scegliere o di quelli che sono rimasti schiacciati ad oklahoma city [6] ascoltate questa voce di donna
bevo alla salute di coloro nel braccio della morte in questo momento che attendono soltanto la ghigliottina e incatenati al terrore non hanno altre via di fuga al di fuori del sogno
perché toglieteci le playstation e siamo un paese del terzo mondo in balìa di un rampollo di ottima famiglia che si è fregato la stanza ovale e la poltrona [7] è chiaro non ci voleva il meteorologo per capire che aria tirasse te la do io la florida, jeb disse [8] e l’ha fatto davvero ragazzi
ma adesso non ci piove, è evidente: #1 george w. bush non è un presidente #2 l’america non è una vera democrazia #3 i media non mi fregano perché io sono una poesia sottile, distillata senza spazio per le loro bugie io guardo alla mia famiglia umana e alzo il bicchiere
alla salute dell’ultimo sorso di combustibile fossile mai più questa brodaglia all’inferno i voli dei pendolari riprendiamoci il treno che abbiamo perso perché una volta i binari costeggiavano il fiume e attraversavano i cortili e i panni estesi ci salutavano e i graffitti ci prendevano in giro quando correvamo sui ponti nelle valli sotto le stelle sogno di fare una tournée come duke ellington una carrozza tutta per me aspettare la partenza sui sedili in legno di una stazione centrale piena di grazia e sul binario con l’aria sul viso
restituire il fischio distante alla notte restituire l’anima all’ultimo vagone dare un calcio in culo alle compagnie petrolifere e reimparare il rock-n-roll ecco, le lezioni sono alla portata di tutti e il cambiamento attende è ora di selezionare la spazzatura di pulire le strade e l’aria facciamo in modo che il nostro governo sfili il cazzo da sotto la sabbia del deserto altrui e se lo rimetta nei pantaloni basta con gli inni ipocriti per sempre la libertà
perché quando nel duemilauno alle nove e dieci suonò il telefono del noveunonove quando tutti chiamammo quel numero e il telefono suonò vicino alla nostra scrivania giù nell’atrio giù per le scale di una torre così alta che il mondo intero si voltò a guardare venire giù
a proposito ve la ricordate la prima volta? la bomba? il camion? il parcheggio? la principessa che non sente il graffio del pisello? vi ricordate gli scherzi?
quanti bicchieri di carta bisognerebbe buttare via se una mano modificasse lo skyline di new york?!
era uno scherzo dicevamo per ridere allora pochi anni fa vogliamo adesso scoprire le carte? l’FBI non era all’oscuro di tutto il piano era alla luce del sole e a riprendere la scena come sempre la CIA o era il KGB? a commettere infiniti crimini contro l’umanità con un evento di questo genere come pretesto per abusare ancora a caro prezzo senza avere la chiave guarda, un altra finestra lassù in cima sul 104° piano guarda un altra chiave un altra porta 10% alla lettera 90% metafora 3000 poesie mascherate da essere umani in una giornata quasi perfetta perché diventino qualcosa di più che figuranti nella via crucis messa in scena da qualche stronzo il tuo compito il mio compito è fare in modo che non siano morti invano sshhhhhh…. ascolta è il fischio del treno
(traduzione a cura di Delia Tasso)
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