Cultura

Una Casa delle Donne per il post-femminismo

Sabato 8 marzo apre ufficialmente a Milano la Casa delle Donne. Un luogo per incontrarsi, discutere e far emergere un punto di vista femminile sulla città come bene comune. Senza restare ancorate al vecchio femminismo ma aperte alle giovani e alle straniere. Il video di Angela Finocchiaro

di Sara De Carli

A presentarla è Angela Finocchiaro: anche Milano, finalmente, ha la sua Casa delle Donne. Come Vienna, Roma, Ravenna e Rho (tra le altre). Uno spazio che prima non esisteva e adesso c’è. «Un luogo dove tutte le donne – giovani vecchie grasse magre sposate lesbiche operaie e fanatiche dello shopping – tutte possano portare le loro storie, rabbie, esperienze, o anche solo i figli a giocare. Un luogo nostro, dove essere libere di fare»: così la Finocchiaro presenta la Casa delle Donne.

La Casa delle Donne, in via Marsala 8 a Milano

Il nuovo, grande spazio sta in via Marsala 8 in una ex scuola che il Comune di Milano ha concesso in comodato d’uso per i prossimi tre anni; aprirà ufficialmente sabato 8 marzo, ovviamente in occasione della festa della donna. Ci sarà una grande festa «con 36 eventi e 2 buffet di autofinanziamento», dove le donne potranno liberamente incontrarsi nelle varie “stanze”: delle parole innanzitutto (monologhi e letture con Lella Costa, Ottavia Piccolo, Angela Finocchiaro, Lucilla Morlacchi), ma anche della musica, del cinema, delle domande (tavola rotonda sul “perché una Casa delle Donne oggi a Milano”, con giovani blogger e giornaliste), del benessere…

La Casa delle Donne nasce da un percorso iniziato un paio d’anni fa, con alcune donne che hanno iniziato a ritrovarsi per discutere della città come bene comune, facendo emergere però il punto di vista delle donne: un punto di vista che ancora manca, non è riconosciuto, non è valorizzato. Pian piano quel percorso informale diventa un’associazione, costituita nel settembre 2012, che ha tre copresidenti: Nicoletta Gandus, Camilla Notarbartolo, Stella Okungowa. Le socie sono già oltre 900, perché l’Associazione – che pure ospiterà nella Casa altre associazioni come pure i gruppi formali e informali di donne – ha scelto la via del tesseramento personale, in nome dell’apertura e della pluralismo.

La Casa sarà un punto di ritrovo, uno spazio aperto, un luogo per incontrarsi e discutere. Ci sarà una biblioteca, una mediateca, un bar-caffetteria, uno “sportello degli sportelli” ovvero una bussola per aiutare le donne ad orientarsi fra le opportunità e i servizi offerti a Milano, che faccia però non solo informazione ma anche un primo orientamento, attraverso counsellor volontarie. Ci sarà spazio per le attività e spazio per la riflessione. Ci saranno le donne straniere – non per nulla una delle tre copresidenti è di origine nigeriana – che devono poter partecipare alla pari nel definire i bisogni della città e di chi la abita, in un crogiuolo di culture, esperienze, creatività differenti (l’8 marzo, per esempio, saranno in mostra gli scroll utilizzati in Bangladesh dalle “singing women”, che facendo i “cantastorie” fanno prevenzione all’HIV nelle campagne).

 

Due donne bengalesi mentre cantano e srotolano una storia da loro stesse dipinta

Ci saranno le donne più giovani, quelle che non si riconoscono nel femminismo, che non sono interessate a rivendicare diritti che danno per acquisiti ma che hanno voglia e bisogno di discutere della loro identità e che oggi diversamente da un tempo, in un mondo liquido e precario, rivendicano il diritto di fare un figlio. «Non siamo femministe vecchio stile, siamo aperte ai punti di vista nuovi delle donne, quello che speriamo è che dall’azione venga fuori uno sguardo femminile sulla città», dicono.

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