Mondo
Una rete per la Bosnia
A dieci anni da Srebrenica, dare unaccelerazione al lavoro nei Balcani con la consapevolezza che solo il dialogo può favorire la ripresa.
di Redazione
Questo ha spinto Mcl a visitare la Bosnia a dieci anni dalla strage di Srebrenica, anche perché nei mesi passati mi aveva colpito il silenzio con cui l?Occidente (Italia compresa), assisteva a quanto oggi accade nei Balcani. A dieci anni dagli accordi di Dayton, la situazione resta molto delicata: gli equilibri appesi a un filo e il ritardo nel processo di sviluppo sono incognite che pesano molto. A Banja Luka, Kotor Varos e Tuzla (tristemente famose per violenze e distruzioni) le conseguenze della guerra ?etnica e confessionale? sono ancora gravissime. «La Bosnia è uscita dalla guerra con un sistema governativo, sociale, culturale, etico e morale del tutto confuso e degradato», ci ha spiegato monsignor Franjo Komarica, coraggioso vescovo di Banja Luka. «Un ambiente assai adatto al consolidamento dei risultati prodotti dalla guerra: ingiustizie, crimini, immoralità, assenza di diritti umani, esclusivismo nazionale, uso e dipendenza da droghe e alcol». In una parola: la delusione della gente verso le istituzioni nazionali e internazionali.
Il lavoro della Chiesa è eccezionale sia dal punto di vista umanitario (non solo per i cattolici croati ma anche per i bosniaci musulmani e i serbo-ortodossi) sia nel predicare e operare per la pace. Komarica ci ha consegnato un messaggio di speranza: dobbiamo incoraggiare questi popoli a scegliere il cammino della riconciliazione. Anche attraverso iniziative di cooperazione (tanti sono i progetti della Caritas di Banja Luka che seguiremo). Nel viaggio di ritorno ci siamo fermati a Zagabria, per definire il programma del seminario internazionale che organizzeremo lì a gennaio 2006. Oltre 50 organizzazioni di lavoratori di tutt?Europa si riuniranno per parlare di ?dialogo sociale e cooperazione?, aiutando la Croazia nel suo cammino verso la Ue, senza dimenticare Belgrado, dove andremo presto su invito del sindacato Nezavisnost. Un lavoro difficile il nostro, ma indispensabile affinché la Bosnia non rimanga, come ha scritto Giuliano Amato, il «buco nero dell?Europa».
di Carlo Costalli
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