Modelli di sviluppo

Venezia volti pagina: i beni collettivi valgono molto di più del turismo mordi e fuggi

Non basta vivere di rendita turistica: servono nuove basi produttive, servizi, alleanze tra istituzioni, imprese e società civile. Solo così Venezia potrà tornare ad attrarre giovani e famiglie, diventando di nuovo viva, capace di produrre valore per chi la abita. L'intervento di Davide Agazzi, esperto di trasformazioni urbane, a partire dal nuovo numero di VITA magazine

di Davide Agazzi

Il dossier “Venezia, non più Serenissima” descrive una città che ha smarrito la propria traiettoria di sviluppo e che rischia di perdere definitivamente anche il rapporto con i suoi abitanti (anzi, proprio gli abitanti stessi).

Il problema non è solo l’overtourism, ma un cortocircuito sistemico: scuole che chiudono, servizi sanitari che arretrano, case inaccessibili, opportunità di lavoro concentrate in poche professioni a bassa qualificazione, quasi tutte legate al turismo. In questo senso la città si trova in condizioni simili a quelle di tante aree interne. Un paradosso duro da comprendere ed accettare. Ma prima lo facciamo, meglio è.

Giovani, i grandi assenti

Venezia ha progressivamente perso le sue basi produttive e manifatturiere, senza consolidare nuove traiettorie di sviluppo. Il risultato, almeno in apparenza, è una monocultura turistica estrattiva che rischia di soffocare quei barlumi di speranza che si generano attorno alle economie della conoscenza, della creatività e della cultura.

Il risultato è una città che non riesce più a trattenere i suoi cittadini, soprattutto i giovani nella fascia 25-35 anni – il segmento demografico che più contribuisce alla crescita di lungo periodo. Sono loro i grandi assenti, espulsi da prezzi insostenibili e da un mercato del lavoro povero di prospettive.

Un destino non inevitabile

Così, la città più iconica del mondo si svuota. Alessia Zabatino ed Elena Ostanel ci mostrano il rischio principale che Venezia corre: trasformarsi in una destinazione. E basta. Un destino che non è inevitabile, se si torna a investire in settori capaci di generare lavoro qualificato e si programmano investimenti in spazi e servizi capaci di ridurre le disuguaglianze e ridurre le pressioni generate dai mercati, demercificando.

Venezia stessa non deve essere guardata solo entro i suoi confini amministrativi. Può e deve funzionare come centro propulsivo di una rete più ampia del Nord Est, un territorio che possiede università, imprese manifatturiere, centri di ricerca e istituzioni culturali in grado di collegare la città a catene globali del valore ad alta intensità di conoscenza.

Non si tratta di inventare da zero una nuova vocazione, ma di connettere e valorizzare ciò che già esiste: l’artigianato di alta qualità, l’economia del mare, l’innovazione ambientale, la cultura digitale. Mettendo a fuoco il fatto che lo sviluppo urbano non è mai solo il risultato di mercato e istituzioni. Dipende dall’azione collettiva: da quanto istituzioni, imprese e società civile riescono a cooperare per costruire beni collettivi per la comunità.

Spazi di comunità che resistono

In questo senso, il dossier porta un contributo importante: la mappatura delle reti di attivismo che già oggi si battono per casa, salute, scuola, ambiente. Sono loro il punto di partenza per una nuova fase di Venezia: spazi di proposta e comunità che resistono e che possono diventare i nodi di una governance inclusiva.

La domanda chiave resta: quali condizioni possono convincere un giovane tra i 25 e i 35 anni a restare o scegliere Venezia per costruire il proprio progetto di vita? Casa accessibile, lavoro qualificato, servizi di qualità, spazi culturali e comunitari.

Sappiamo che non è solo un problema economico, ma anche una questione sociale e relazionale. I più giovani cercano contesti in cui sentirsi parte attiva, non semplici utenti o spettatori.

Per riuscirci serve una doppia azione: da un lato, sostenere la riscossa dal basso delle reti già mappate da VITA; dall’altro, un investimento straordinario nazionale e regionale in infrastrutture collettive e servizi perché nessuna città può affrontare da sola una sfida di queste dimensioni.

Venezia può tornare a essere una città generativa: capace di produrre valore per chi la abita, di stimolare scambi tra Oriente e Occidente e di offrire un futuro a chi la sceglie, non solo per un weekend.

Se hai un abbonamento leggi subito Venezia, non più Serenissima e grazie per il tuo sostegno. Se vuoi abbonarti puoi farlo a questo link. Presenteremo il numero mercoledì 24 settembre alle 18,30 alla Bocciofila San Sebastiano nel sestiere Dorsoduro a Venezia.

In apertura, fotografia di Rebe Adelaida su Unsplash

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