Famiglia
Wwf: aviaria, no al panico
Un vademecum contro psicosi aviaria firmato Mauro Delogu, virologo del dipartimento di salute pubblica e veterinaria e patologia umana dellUniversità di Bologna, insieme al Wwf
di Redazione
“Sull?influenza aviaria si sta diffondendo in Italia una paura ingiustificata: non esiste un solo caso al mondo di trasmissione del virus da un animale selvatico all?uomo. Esistono barriere naturali che impediscono la diffusione di virus da specie a specie e l?ipotesi più probabile è che questo mini-focolaio in Italia si autoestingua in pochissimo tempo. In Asia, dove convivono con l?aviaria dal 1997, il contagio è avvenuto per la fortissima promiscuità delle comunità umane con gli allevamenti. Questo allarmismo sta mettendo in ginocchio il settore avicolo italiano senza giustificazioni, stiamo annientando economie che funzionavano senza che esistano pericoli nel mangiare i polli”.
Mauro Delogu, virologo del dipartimento di salute pubblica e veterinaria e patologia umana dell?Università di Bologna, da 12 anni impegnato in ricerche nelle Oasi WWF sui virus aviari, vuole gettare acqua sul fuoco della psicosi aviaria, e rassicurare gli italiani: non c?è nessun pericolo, né con gli animali urbani, né nel frequentare le aree umide. I nostri ecosistemi sono blindati, il virus con tutta probabilità si annienterà da solo, e soprattutto in questi mesi invernali lo scambio tra le specie potenzialmente a rischio (cigni, germani) e specie urbane è praticamente nullo.
Fauna urbana
Piccioni, storni, passeri e gabbiani (comuni e reali)
Il piccione è specie poco recettiva, che rischia il contagio solo di virus altamente patogeni.
Storni e passeri sono specie più sensibili, ma la loro ecologia è diversa da quella dei migratori acquatici. Lo storno non interferisce con le specie potenzialmente vettrici, perché se anche di giorno lascia i ?dormitori? delle città per andare in campagna, si nutre nei campi e non frequenta zone umide.
I gabbiani non si muovono dalla città dove durante l?inverno le temperature sono di qualche grado più alte rispetto agli habitat naturali, sono ittiofagi e si nutrono anche di residui alimentari dell?uomo.
Rischio prossimo allo zero per i corvidi, estremamente sedentari e dunque non soggetti a contatto. Vale semplicemente la comune raccomandazione di non toccare o maneggiare animali morti.
Animali da compagnia
Chi ha animali in casa acquistati da negozi (canarini o altre specie di uccelli da voliera) non corre nessun rischio. Per chi fosse colto da dubbi, o avesse acquistato magari animali da fiere o mercati, meglio un viaggio tranquillizzante dal veterinario che non disfarsi dell?animale in modo incontrollato.
Per chi ha voliere in esterno, detto che i piccioni non costituiscono un pericolo, si possono per precauzione aumentare le barriere fisiche tra specie domestiche/selvatiche: basterà dotare le voliere di una doppia rete protettiva.
Una gita al lago
Non esiste in letteratura un solo caso di trasmissione del virus da animale selvatico all?uomo. Frequentare stagni o laghi e zone umide non ci espone assolutamente a nessun rischio.
I cigni
I cigni sono animali solitari, i contatti con altre specie sono minimi. Non allontanate o spaventate cigni, si provocherebbero comportamenti anomali o la loro dispersione incontrollata, mentre gli habitat fungono invece da barriera alla diffusione.
Nessun allarmismo in caso di cigno trovato morto (al di là dell?ovvia precauzione di non toccarlo): moltissimi animali muoiono per saturnismo (ingestione di pallini di piombo da caccia, e? la prima causa di morte per i cigni) o per l?impatto con le linee elettriche.
Il virus
In Italia e? confinato ad una sola specie di provenienza da est, ma la diffusione e? assai improbabile e la resistenza del virus in ambiente non è illimitata. In genere la malattia si autoestingue, il contagio da specie a specie è rarissimo: anche per i virus poco patogeni è difficilissimo trovare una strada di uscita. In due anni di ricerche abbiamo monitorato l?eventuale relazione del virus con i fagiani, che pure vivevano a stretto contatto con specie infetteed abbiamo verificato che, non si sono mai infettati. C?è poi un sistema di monitoraggio continuo: quello del ministero della Salute che ha già effettuato 5.500 controlli. Gli studi dell?Università di Bologna all?Oasi WWF di Orbetello, hanno campionato oltre 800 animali dal 1° gennaio 2005 a oggi, tutti negativi all?aviaria.
Nuove ipotesi sul contagio e sulle morti dei cigni
?Rispetto alle centinaia di specie diverse che attraversano il nostro territorio, migratorie e non, quella dei cigni sembra essere quella più ?sensibile? al virus? così dichiara Gianfranco Bologna, direttore scientifico del WWF. ?Secondo alcune valutazioni riassunte da Birdlife International, l?ipotesi che i cigni reali trovati infettati dal virus H5N1 possano averlo preso da altre fonti che non siano direttamente altri uccelli della loro o di altre specie è da prendere in seria considerazione. Infatti la causa più probabile potrebbe essere legata al modo con cui in alcuni paesi dell?est europeo vengono trattati i terreni agricoli. In questi paesi è consuetudine comune spargere sul terreno concime proveniente dai pollai: luoghi dove oche, cigni e altri uccelli hanno l?abitudine di ?pascolare?. Se il fertilizzante da pollaio viene sparso sul terreno troppo presto e senza essere ?decantato? per alcuni giorni, lasciando così il tempo al virus di perdere la sua virulenza, il concime diventa una probabile fonte di contagio?.
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