A Geert Wilders, il leader populista del Partito della libertà olandese (Pvv), la polemica fa gioco. Da quando, all’inizio di febbraio, è stata lanciata sul sito online del partito una pagina su cui gli olandesi possono lamentarsi dei presunti soprusi subìti dai cittadini immigrati dai Paesi dell’Europa centro-orientale, la sua persona è tornata a inquietare i sonni di ambasciatori, politici e responsabili delle organizzazioni per i diritti dell’uomo.
La provocazione è l’ossigeno di cui Wilders ha bisogno per tenere alta la tensione. E solleticare la paura del declino demografico e morale dell’Olanda.
Sul sito, rispettabili cittadini olandesi possono denunciare le disavventure capitategli nei rapporti con i 300mila immigrati est europei che, secondo le stime, sono arrivati nel Paese dopo l’apertura delle frontiere Schengen nel 2007. Furti, imbrogli, molestie, commerci illeciti, disturbo della quiete pubblica. Tutto finisce senza filtro e verifiche nel database dei liberal-populisti.
Un imbarazzo per il primo ministro Matt Rutte, il cui governo conservatore di minoranza si regge sull’appoggio esterno di Wilders.
Sul suo capo sono piovute le rimostranze ufficiali degli ambasciatori e dei governi dei Paesi coinvolti, le critiche dei leader sindacali e, pochi giorni fa, un’esplicita richiesta dei parlamentari europei a distanziarsi dall’iniziativa e a darsi da fare per rimuoverla.
La mozione di Bruxelles afferma: «Il governo olandese non può chiudere gli occhi sul fatto che la politica del Pvv leda i valori costituzionali dell’Unione Europea».
Rutte, finora, di occhi ne ha aperto uno solo. Distanza sì, ma nessuna iniziativa concreta per chiudere la pagina. «Non tocca a me prendere questa decisione, ma a un giudice», si è difeso. E per ora il governo è salvo.