Mondo
Zuhair Adam ieri faceva il poliziotto del mare. Oggi spinge i profughi in barca
Un ex generale di Gheddafi organizza la "tratta" dalla Libia
di Redazione
Salire su una barca per la Sicilia ora può costare solo 200 dollari. Prima della crisi libica si pagava sei volte tanto. Il prezzo del biglietto è al ribasso. «Sono stati gli stessi militari di Gheddafi a portarmi dagli intermediari», racconta Mundi, un nigeriano appena sbarcato a Malta con altri 80 africani in fuga dalla Libia. «Sulle spiagge è pieno di pescatori che ti mettono a disposizione le barche per partire. E sono gli stessi militari a spingerti ad andare!». La testimonianza di Mundi conferma, come tante altre, il ruolo di primo piano di Gheddafi nelle partenze dei profughi attraverso il Mediterraneo. Prima i migranti venivano ricacciati nel deserto, con quelle motovedette che l’Italia aveva fornito alla Libia in seguito ai patti anti migratori. Ora essi vengono usati come strumenti di rappresaglia.
Sembra che la tratta sia organizzata dagli stessi alti graduati dell’esercito, come ricostruito dal giornalista e blogger di Fortress Europe, Gabriele Del Grande. A capo di tutto ci sarebbe un alto ufficiale della Marina libica. Il suo nome è Zuhair Adam e prima della guerra era stato ospitato in Italia per partecipare ai corsi di formazioni sulle tecniche di pattugliamento del mare organizzati dal Viminale. Ora Zuhair Adam coordina la partenza dei barconi diretti a Lampedusa dal porto militare di Sidi Bilal, a Janzour, solo 15 chilometri fuori Tripoli. Dove sarebbero proprio i militari a imbarcare i migranti e a raccogliere il denaro per il viaggio.
Gli intermediari che nel 2009 erano stati arrestati dal Colonnello ora sono di nuovo tornati liberi, proprio per reclutare chi vuol partire. Africani sbarcati a Lampedusa hanno raccontato a Del Grande di essere stati rastrellati nei quartieri ghetto di Misurata dai lealisti, e di essere stati fatti partire a forza, sotto la minaccia dei kalashnikov, da Janzour.
Il desiderio di scappare da quell’inferno agita ogni animo. Parte dei profughi accolti nel campo di Choucha, appena oltreconfine in Tunisia, ha fatto rientro in Libia dopo gli incendi e i saccheggi scoppiati nella tendopoli a fine maggio. C’erano più di cinquemila persone stipate in una tendopoli in mezzo al deserto. L’escursione termica era micidiale. «Qui a Choucha non si sentono più sicuri. L’esercito ha obbligato i profughi a costruire il campo qua, ma è una situazione invivibile. Ci sono stati scontri etnici, la popolazione tunisina della zona ha assalito il campo per rappresaglia contro una manifestazione allestita dai profughi e diverse persone sono rimaste uccise, mentre l’esercito è rimasto a guardare, senza intervenire», ci spiega il missionario Sandro De Pretis, che presta servizio nel campo.
La politica dell’Unhcr secondo i migranti favorisce gli eritrei. «I profughi hanno occupato la strada», racconta don Sandro: «Il commercio di contrabbando tra Libia e Tunisia di cui vive questa regione è stato bloccato. I militari avrebbero potuto contenere la protesta dentro al campo, ma non si sono mossi. Eppure sapevano che la popolazione avrebbe reagito». E adesso? «In molti sono scappati nel deserto e poi in Libia, in preda al miraggio di arrivare in Europa sui barconi».
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