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La mia non profit contro la febbre nera

Intervista a Victoria Hale, fondatrice dell’Institute for OneWorld Health.

di Paolo Manzo

«La salute viene prima dei soldi». Potrebbe essere questo lo slogan dell?Institute for OneWorld Health (www.oneworldhealth. org), Iowh per gli statunitensi da sempre ?fanatici? per gli acronimi ma restii a qualsiasi cosa che non produca un utile, un guadagno, secondo le regole classiche del capitalismo. L?Iowh, invece, ha una caratteristica tutta sua che va in controtendenza: è la prima non profit farmaceutica made in Usa, mentre la sua fondatrice, nonché ceo (chief executive officer), è una donna, Victoria Hale. Altra ?anomalia? in un mondo, quello del farmaco, che lascia ancora pochi spazi di comando al cosiddetto ?sesso debole?. Vita ha intervistato la dottoressa Hale a Madrid, durante un convegno dedicato alle malattie del Sud del mondo organizzato dalla GlaxoSmithKline , per capire come mai una scienziata che lavorava alla Genentech, la maggiore multinazionale del biotech a livello mondiale, e che collaborava con la Food and Drugs Administration Usa, abbia scelto di rischiare in proprio. Per puntare sul mondo non profit. Vita: Dottoressa Hale, come le è venuto in mente di fondare una non profit farmaceutica, caso unico negli Stati Uniti? Victoria Hale: Si accese la cosiddetta lampadina nel mio cervello nel 1998. Ci pensai per un paio d?anni, ne parlai con i miei più stretti collaboratori, iniziai a girare il mondo per indagare sulle malattie dimenticate che avrebbero potuto essere il target della nostra ricerca. La fondazione dell?Institute for OneWorld Health è stato il culmine della mia crescita personale e professionale. Vita: Qual è la differenza tra una farmaceutica for profit e una non profit? Hale: Le for profit, come ad esempio la Genentech, sono aziende ?venture capitalist? che investono soldi per ottenere ricavi. Le non profit, invece, lavorano con fondazioni, fondi statali, ma anche con i privati. Vita: Chi sono i vostri partner? Hale: Tra le ong c?è Save the Children. Ma la lista è molto lunga, se allarghiamo il ?range? a università, laboratori e donatori. In India, per esempio, lavoriamo con molti centri di ricerca: il Balaji Utthan Sanastan Research Centre, l?Indian Council of Medical Research, il Kalazar Research Centre, il National Institute of Cholera and Enteric Diseases, il Rajendra Memorial Research Institute? Vita: Sempre in India, entro la fine del 2005, lancerete il primo farmaco da voi testato. Di che si tratta? Hale: Di un farmaco a base di paromomicina. Un farmaco generico che combatte la leishmaniosi, conosciuta anche come ?febbre nera? o ?kala-azar?. Questa malattia è trasmessa dalle punture di almeno una trentina di diverse specie di moscerini flebotomi (mosca della sabbia, sandfly, ecc), e ogni anno uccide circa 200mila persone nei Paesi in via di sviluppo. Tra l?altro una quindicina d?anni fa è stata un?azienda italiana, Farmitalia, ad avere donato la sua licenza all?Oms su questo farmaco, che produceva in forma iniettabile, quando aveva già smesso di produrlo. Noi ce ne siamo accorti, lo abbiamo testato ed entro fine dicembre 2005 lo lanceremo. Vita: Iowh fa ricerca su nuovi farmaci per curare malattie poco conosciute come, appunto, la leishmaniosi. O il morbo di Chagas che colpisce 12 milioni di persone in America Latina ed è una delle principali cause di mortalità in quel continente? Come mai questa scelta? Hale: Perché queste malattie sono le meno studiate dai grandi laboratori, dal momento che colpiscono persone che vivono nei Paesi poveri. Nel 2002 l?industria farmaceutica ha speso 32 miliardi in ricerca e sviluppo, avvicinandosi a milioni di componenti farmaceutici sviluppabili, molti dei quali utili per combattere le malattie endemiche del Sud del mondo. Il problema è che le aziende si concentrano spesso sulle terapie per combattere le malattie più diffuse in Occidente, come il cancro, il diabete. O su alcune che sono solo ?preoccupazioni? come la calvizie, le disfunzioni erettili e altre tipologie che interessano lo stile di vita del Nord del mondo? In questo la Gsk, con le sue tante attività di ricerca sulle malattie più comuni nel Sud del mondo, può segnare una linea innovativa. Vita: Che idea si è fatta del problema dei brevetti farmaceutici? Hale: Che il vero problema non è il brevetto. Nel 95% dei casi, per le malattie che colpiscono il Sud del mondo i farmaci sono nella lista dell?Organizzazione mondiale della sanità e, quindi, i farmaci sotto ?patents? sono assai pochi. Il vero problema del Sud del mondo è la distribuzione nelle zone colpite, la carenza di infrastrutture da cui discende la difficoltà di monitoraggio delle terapie. Altro problema è che latita la ricerca sulle malattie che, pur essendo non comuni nel Nord del mondo, lo sono invecenei Paesi poveri? Vita: Da dove ottenete i finanziamenti con cui riuscite a far andare avanti le vostre ricerche? Hale: Dalla Sapling Foundation, statunitense, dalla fondazione elvetica Stanley Thomas Johnson, dall?Oms? Recentemente la Fondazione Melissa e Bill Gates ci ha donato 4,7 milioni di dollari, e sa perché? Proprio per continuare le ricerche contro il morbo di Chagas e la leishmaniosi. Malattie spesso dimenticate in Occidente ma veri e propri killer nel Sud del mondo. Un incontro a Madrid Alleanza in laboratorio Glaxo Smithkline ha annunciato una partnership con tre ong per combattere malaria, diarrea e leishmaniosi Il numero di morti causate ogni anno dalla malaria e dalla tbc supera i 3 milioni. Altri due milioni di persone muoiono per la diarrea. 200mila per la leishmaniosi e altre centinaia di migliaia per quelle che in Occidente sono sconosciute. Questa la realtà che si sono trovate a dover affrontare una serie di organizzazioni, profit e non profit, riunitesi a Madrid lo scorso 20 aprile in un seminario scientifico organizzato da GlaxoSmithKline (Gsk), presso il centro di ricerca di Tres Cantos. Nella struttura della Gsk lavorano un centinaio di scienziati che hanno l?incarico di identificare le molecole più adatte ad essere sviluppate in un futuro prossimo in fase preclinica e clinica, per trasformarsi poi in farmaci in grado di salvare vite umane. «Ma il processo completo di ricerca, in realtà, coinvolge un maggior numero di ricercatori», spiega a Vita, Gómez de las Heras, direttore del Centro ricerca sulle malattie nei Paesi in via di sviluppo di Gsk Spagna. «Collaborano con noi anche il personale della sede di Filadelfia, negli Usa, che si occupa dello sviluppo preclinico e il nostro gruppo di Londra, che coordina la fase clinica». La novità interessante è che la multinazionale anglo-americana lavora assieme a tre ong all?avanguardia nella lotta contro le malattie nei Paesi poveri del mondo: Medicines for Malaria Ventures, Global Alliance for Tuberculosis e l?Institute for OneWorld Health. Una partnership for profit – non profit che, assicurano alla Gsk, potrebbe avere interessanti sviluppi futuri.


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