Cooperazione & Relazioni internazionali

La guerra vista dal web

Viaggio nei post lasciati dai lettori alle principali testate israeliane

di Daniele Biella

“Vinci Israele. Forza ragazzi sul fronte”, esorta Rael. “Ma non è che stiamo esagerando?”, s’interroga Ariel. Eccoli qui. A portata di mouse. Sono i commenti, le impressioni, le volontà di centinaia di cittadini di tutto il mondo, la maggior parte giovani, a giudicare dall’inglese gergale. Che si ritrovano sui due giornali israeliani più noti, il conservatore (e al top nelle vendite cartacee) Jerusalem Post (www.jpost.com) e il progressista Haaretz (www.haaretz.com). Persone che, ebrei e non, da Israele e dall’estero, leggono gli articoli on line e li commentano subito dopo, a braccio: ne esce un mondo di percezioni differenti, di botta e risposta frizzanti, e molto emotivi, a testimonianza che quello che sta accadendo in questi giorni a Gaza sta gettando nello scompiglio decine di migliaia di anime, quelle “fortunate perchè non siamo lì a vivere in prima persona il dolore”, come dice Jeff dal Michigan.
 
Nei post dei lettori la censura, naturalmente, è presente. Se sul Jerusalem Post le voci di dissenso all’operato militare israeliano sono poche e hanno scarso seguito, su Haaretz lo spazio per le critiche all’attacco c’è: “Stiamo facendo vedere i nostri muscoli, ma il nostro cuore dov’è?”, si chiede l’israeliano Meir dall’insediamento di Gush Etzion, quello che sovrasta la città palestinese di Betlemme. “Con questi attacchi Israele si sta rovinando la faccia”, interviene Michael da Monaco, Germania. Ma poi c’è la controparte: “La faccia? L’importanze è la protezione della gente dai terroristi”, tuona lo statunitense David da Washington, Usa. “Perchè ascoltare l’opinione pubblica? È una debolezza umana quella di schierarsi sempre e comunque con i più deboli”, ribadisce l’intransigente connazionale Matt.

Sempre su Haaretz.com Interviene anche Mohammad, palestinese di Ramallah.  Con coraggio, viste le probabili repliche di dissenso. “Israele non deve sovrastimare il suo potere, è accerchiato da paesi arabi che non gradiscono quello che sta succedendo ai civili palestinesi. Meglio finire la guerra ora, e negoziare”. Repliche che arrivano qualche minuto dopo: “Bei fratelli che hanno i palestinesi, che spendono soldi nell’educare la propria popolazione alla guerra Santa”, sentenzia Pepe dal lontano Mexico.

I fatti del giorno tengono banco: l’indomani dell’eccidio nella scuola dell’Onu, si discute dei razzi dal Libano e della denuncia della Croce Rossa. Sul Jerusalem Post la linea è dura: “Questi ragazzini mascherati stanno giocando con i fiammiferi, si bruceranno”, dice Jet. Ancora: “La Croce rossa? L’Onu? Dov’erano durante le stragi di Srebrenica, del Darfur?”, si chiedono sia l’israeliano Hal che l’australiano Robert”. E se, dall’Italia, Sara da Parma afferma “bisogna estirpare il terrorismo, ogni mezzo è legittimo” e Carolina dalla Colombia prega “per ogni soldato israeliano caduto”, a guardarsi dentro senza veli è Denis, ebreo che vive in Canada: “Le leggi internazionali, la Torah..siamo così ciechi e disumani da non vedere le sofferenze che stiamo causando? Stiamo provocando ovunque reazioni d’ira, sia attorno a noi che dall’alto. Basta con questi vergognosi ‘incidenti. Basta con la guerra’”. Un appello, quello di Denis, caduto finora nel vuoto. Anche sul web.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA