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Economia & Impresa sociale 

Manzione: Mafia Capitale lucrava su un sistema di accoglienza che ora non c’è più

Intervista al sottosegretario agli Interni citato suo malgrado in una parte dell’inchiesta legata all’accoglienza dei profughi: «Si era nel periodo della gestione emergenziale della primavera araba, nell’attuale regime ordinario i controlli sono più stringenti». Intanto Frontex striglia l’Italia sui salvataggi in mare: «Non me l’aspettavo, noi rispettiamo le convenzioni internazionali»

di Daniele Biella

«A Manzione siete riusciti ad agganciarlo?». Salvatore Buzzi e Luca Odevaine, rispettivamente presidente della Coop 29 giugno e vicecapo gabinetto dell’allora sindaco di Roma Walter Veltroni, ora entrambi in carcere nella sconvolgente inchiesta Roma Capitale, puntavano a lui, il sottosegretario agli Interni (con delega alle Libertà civili e all’Immigrazione) Domenico Manzione, per trarre ulteriori vantaggi con il business legato ai centri di accoglienza dei migranti. Non ce l’hanno fatta, come confermano i Carabinieri del Ros del Lazio e la magistratura. Rimane il fatto che essere tirati in ballo in un malaffare di tale portata non è affatto piacevole. «Ma la cosa non mi sconvolge. L’importante ora è restituire dignità a chi lavora con serietà e che in questi giorni si trova in estrema difficoltà», ci spiega Manzione appena lo raggiungiamo al telefono.
 

Domenico Manzione, sottosegretario agli Interni

Perché non la sconvolge essere stato citato dal sodalizio criminale di Mafia Capitale?
Perché del caso specifico che è emerso, ovvero il tentativo di spostare dal Cara di Mineo (Centro d’accoglienza per richiedenti asilo, il più grande e discusso d’Italia, ndr) ad altrove l’hub principale siciliano per accogliere i profughi, si è accennato anche nel Tavolo nazionale per l’Immigrazione, in cui lo stesso Odevaine, ha partecipato per qualche seduta prima di essere sostituito. In quel contesto se ne è parlato ma ci si è trovati di fronte a diversità di posizioni e la cosa è finita lì, anche perché la scelta dei luoghi è di competenza delle Prefetture provinciali di ciascuna Regione. Ora, è chiaro che scoprire tutto ciò lascia l’amaro in bocca, ma, ribadisco, soprattutto per un sacco di persone che lavorano nell’accoglienza in modo ben più che lodevole e che senza un minimo di distinguo rischiano di essere penalizzate dalla portata mediatica dello scandalo.
 
Come i 1300 lavoratori della coop 29 giugno, che riportano di essere bersaglio delle critiche dell’opinione pubblica?
Sì, anche se la messa in custodia cautelare preventiva della coop da parte dei giudici non dovrebbe danneggiare la loro posizione lavorativa, in quanto ora verranno ridiscusse le varie posizioni direttamente con l’amministratore giudiziario.
 
Per quanto riguarda il sistema di accoglienza, il sapere che c’è chi riesce ad approfittarne con lauti guadagni e sulla pelle dei migranti è una gatta da pelare per il ministero dell’Interno…
Il punto principale è che tutta l’inchiesta è focalizzata sul periodo emergenziale della primavera araba, ovvero in quei momenti di gestione straordinaria in cui i controlli in qualche modo potevano arrivare a non essere così efficaci, e dove il caos e lo sperpero è legato all'urgenza e alla mancanza di programmazione. Questo nella consapevolezza che la nostra scelta, messa nero su bianco nel piano nazionale con le Prefetture nel luglio 2014, è quella di gestire tutto in regime ordinario nonostante il significativo arrivo di profughi di quest’anno: una politica ben precisa in cui tutto viene verificato periodicamente per scongiurare tentativi di approfittarsi della situazione. Ancor più dopo Mafia Capitale, ci si concentrerà nel verificare in modo stringente ogni capitolato riguardante la gestione dell’accoglienza delle singole realtà assegnatarie dei bandi. Di certo ci vorrà ancora del tempo per metabolizzare gli eccessi di quell'emergenza , ma quella è la strada.
 
Una strada che prevede lo svuotamento del Centro di Mineo?

Un hub regionale di primo smistamento dei profughi è necessario come previsto dal Tavolo nazionale, soprattutto in periodi come questi in cui in un solo anno sono giunte 165mila persone. È impensabile far andar via di colpo le 4mila presenze del Cara di Mineo. È chiaro che la direzione in cui vorremmo procedere è lo svuotamento, ma ci devono essere le condizioni, quindi un’ipotesi del genere sarà realizzabile se e quando diminuiranno i grandi numeri degli arrivi.

A proposito degli arrivi e dei viaggi della disperazione in mare, è recentissima la lettera del responsabile di Frontex e Triton, sistemi di pattugliamento dell’Unione europea oggi attivi nel Mar Mediterraneo, che critica l’operato dei mezzi navali italiani, ‘colpevoli’ di andare a salvare vite in acque Sar (Search and rescue), internazionali, nonostante la conclusione di Mare Nostrum. Come avete recepito tale richiamo?
Siamo rimasti sorpresi, non ce l’aspettavamo. C’è Frontex, che arriva a 30 miglia marine dalla costa, su mandato dell’Agenzia europea che opera su livelli nettamente diversi rispetto a quello che faceva Mare nostrum, e ci sono poi le convenzioni internazionali, secondo le quali è nostro dovere spingerci in acque Sar per operazioni di salvataggio. Ebbene, noi agiamo secondo queste ultime, consapevoli di essere nel giusto.

Siamo alle porte dell’inverno ma le barche piene di profughi continuano a partire da Libia, Egitto e, nelle ultime settimane, dalla Turchia: viaggi atroci, mortali (l’ultimo dato dell’Unhcr, Agenzia Onu per il rifugiati, parla di 3.419 decessi nella “strada più mortale del mondo”) e costosi (6mila dollari a testa, che alimentano le tasche dei trafficanti che poi abbandonano i migranti in alto mare) che durano settimane e che trovano sempre più spesso salvezza nei mercantili che fanno quelle rotte. Con casi specifici, per quanto riguarda i siriani in fuga dalla guerra, di situazioni assurde in Grecia o respingimenti verso la Turchia l’Egitto e si paventa anche in Siria e, d’altro canto, un regolamento europeo come quello di Dublino III che di fatto impedisce loro di avere un corridoio umanitario per raggiungere il Nord Europa, dove hanno parenti o conoscenti che potrebbero accoglierli. Alla luce di tutto questo, non cambia nulla a livello di politiche europee?
C’è un evoluzione in tal senso, che però non si è ancora tradotta in atti concreti. Sono testimone diretto, avendo posto il problema in molti tavoli di lavoro, di un movimento d’opinione che cresce e riconosce il problema: ci sono pareri in tal senso da due organi della Ue, il Comitato economico e sociale e il Comitato delle Regioni, e c’è una delibera parlamentare critica verso Dublino III. So che anche l’Ocse, Organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico, e le stesse Nazioni Unite hanno avanzato perplessità. Ma a oggi tutto ciò non basta per cambiare le cose e superare tale regolamento (Manzione ha trattato il tema nello specifico nella precedente intervista per Vita ndr).
 


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