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Cooperazione & Relazioni internazionali

L’identikit dei corpi civili di pace? Eccolo

Ambiti di intervento, caratteristiche degli enti e chi si può candidare. Ecco tutte le informazioni disponibili a oggi sui nuovi soggetti nonviolenti che renderanno ancora più virtuosa la presenza italiana nei luoghi di conflitto

di Daniele Biella

I corpi civili di pace in situazioni di conflitto promossi dal Governo italiano saranno presto una realtà. Lo hanno annunciato ieri il ministro Giuliano Poletti e i sottosegretari Luigi Bobba e Mario Giro. La società civile plaude a tale azione, che arriva a poco più di un anno dall’emendamento alla Legge di stabilità 2013 (leggi qui) che proponeva un finanziamento di nove milioni di euro per il triennio 2014-2016. L’anno scorso non è partito nessuno, ma “quest’anno partiranno i primi 300”, annuncia Bobba. Ecco un rapido vademecum per capire di cosa stiamo parlando.

Chi sono i Ccp e loro ambiti di intervento
Persone che promuovono in modo imparziale la solidarietà e la cooperazione, a livello nazionale ed internazionale, con particolare riguardo alla tutela dei diritti sociali, ai servizi alla persona e all’educazione alla pace fra i popoli, al monitoraggio del rispetto dei diritti umani, al sostegno della popolazione civile.

Luoghi di azione dei Ccp
I corpi civili di pace saranno impiegati in azioni di pace non governative nelle aree di conflitto o a rischio di conflitto e nelle aree di emergenza ambientale. I paesi specifici non sono stati ancora delineati. C’è la possibilità che siano inseriti nel bando che verrà pubblicato prossimamente, ma può darsi che invece si faccia riferimenti ai paesi indicati nei progetti degli enti che faranno domanda.

Quali enti possono presentare i progetti
Potranno partecipare alla sperimentazione gli enti che hanno svolto da almeno tre anni attività di servizio civile nazionale (anche all’estero, ovviamente, in particolare si segnalano le attività della rete Caschi Bianchi, composta da associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Focsiv e Caritas) in tali settori d’intervento.

Quanto durerà il servizio
La durata dovrebbe rispettare il 12 mesi canonici del Scn, ma potrebbero esserci variazioni. Una buona parte verrà dedicata alla formazione, “fondamentale più che mai data la particolarità d’impiego dei corpi civili di pace”, sottolinea Nicola Lapenta, responsabile servizio civile della Comunità Papa Giovanni XXIII, che nel 2011-2012 è stata capofila del finora unico esperimento riconducibile ai Ccp, il progetto Caschi bianchi oltre le vendette in Albania (su cui da poco è stato publicato un ebook scaricabile qui), nonché promotrice dell’Operazione colomba, il corpo civile di pace autofinanziato che in 20 anni ha formato e fatto partire 1500 volontari per aree di conflitto come i Territori palestinesi, i Balcani, la Colombia e ultimamente i campi profughi siriani in Libano.

Quali persone potranno fare domanda per il servizio
Anche questo aspetto è in fase di definizione, ma si presume verranno riprese le età del servizio civile nazionale, ovvero giovani dai 18 ai 28 anni. Quanto conta l’esperienza pregressa sul campo? “Potrebbe essere un elemento importante di valutazione, ma l’aspetto principale riguarda le attitudini personali alla trasformazione nonviolenta dei conflitti, alla capacità di relazionarsi con il gruppo e di problem solving, risoluzione dei problemi anche nel caso di poco tempo a disposizione”, indica Lapenta.

La questione sicurezza
Un punto importante che verrà trattato nella definizione del bando è la questione della sicurezza dei Ccp. “E’ chiaro che è fondamentale poter agire in sicurezza, ma stiamo parlando di un corpo che va a operare in contesti di conflitto e come tali dovrà avere un paradigma specifico, che non è naturalmente quello dei militari ma nemmeno quello della cooperazione internazionale, ovvero sarà fatto di relazioni con il territorio che prevedono una forte presenza nel tessuto sociale”, ragiona Lapenta. “Questo nuovo paradigma definisce la specificità dei corpi civili di pace, che necessariamente dovranno agire in contesti con un certo grado di rischio data la loro natura e il loro obiettivo, la risoluzione nonviolenta dei conflitti”.


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