Cooperazione & Relazioni internazionali

Libia e Sudan, la vita di 3mila profughi appesa a un filo

L'agenzia non profit Habeshia, guidata dal candidato al premio Nobel 2015, Mussie Zerai, denuncia la prossima partenza di 2500 persone africane con barconi malridotti e i rapimenti di massa in Sudan. Appello al governo per fare rispettare il Processo di Khartoum

di Daniele Biella

Almeno 3mila migranti in pericolo di vita tra la Libia e l'Africa, tenuti in ostaggio da trafficanti o da banditi prima della partenza altrettanto atroce per il viaggio della speranza con i barconi nel Mar Medierraneo. Lo riporta l'agenzia Habeshia, fondata da abba Mussie Zerai, prete eritreo da 30 anni in Italia e candidato ufficiale al Premio Nobel per la pace 2015. Ecco le informazioni riportate da Habeshia sulla base di segnalazioni telefoniche raccolte dai diretti interessati o da molte famiglie costrette a apgare somme ingenti per liberare i propri cari.

"A Tripoli circa 2.500 profughi eritrei ed etiopi e altrettanto somali e sudanesi sono ammassati nei capannoni sulle coste libiche che saranno fatti imbarcare nei prossimi giorni. Il rischio di morire nel Mediterraneo è molto alto, se poi il blocco navale se si tradurrà in respingimenti sarà una vera tragedia per questi profughi".

"A Misurata: da giorni circa 350 profughi eritrei sono detenuti nelle mani delle milizie e soffrono maltrattamenti e minacce dai loro carcerieri, uomini armati che controllano il carcere si divertono a strappare i vestiti ai prigionieri con coltelli, terrorizzandoli. Ogni minimo segnale di resistenza viene punito massacrando le persone con bastonate. In una Libia in preda alla violenza i profughi hanno la peggio. Gridano il loro dolore, chiedono aiuto ma in Libia non ce nessuno, nessuno che può intervenire in loro soccorso, sono tutti fuggiti, ci dicono anche fino poco tempo fa erano detenuti con loro dei somali che sono stati trasferiti non si sa dove. Molte famiglie di questi 350 eritrei stanno vivendo ore di angoscia dopo quello che accaduto ai 21 cristiani copti temono che non tocchi la stessa sorte anche ai loro cari".

"Ad Ajilabia circa 60 eritrei sono trattenuti da un gruppo di trafficanti libici e sudanesi, che pretendono il pagamento di 1.600 dollari da ciascuno dei prigionieri: finché le famiglie non pagano ogni giorno essi vengono picchiati dai loro carcerieri. Questa cifra riguarda solo per il tragitto fatto dal Sudan fino alla località Ajilabia, poi dovranno pagare ancora altrettanto per continuare il loro viaggio via mare. I trafficanti e le milizie si sono divisi la torta chi fa pagare il passaggio terrestre e chi quello marittimo".  

"In Sudan decine di giovani in fuga dell'Eritrea incappati nella rete dei trafficanti di uomini si trovano sequestrati da settimane, e i sequestratori chiedono 10 mila dollari a persona per il loro rilascio. Habeshia chiede al Governo italiano di far impegnare quello sudanese a rispettare il Processo di Khartoum per liberare le persone sequestrate. Vedremo così la buona volontà del regime sudanese, se intenda o meno proteggere i profughi e i rifugiati sul proprio territorio. Il sequestro è avvenuto sulla via da Shegherab verso Khartoum, uomini armati che hanno bloccato l'auto su cui viaggiavano questo profughi, hanno picchiato l'autista e si sono portati via il carico umano, ora pretendono il riscatto dai famigliari. Tutto accade nel territorio di uno Stato che aderisce al Processo di Khartoum: l'Italia, come gli altri paesi europei coinvolti, deve chiedere e pretendere da questo stato una seria lotta contro il traffico di esseri umani, e l'immediata liberazione dei profughi che si trovano in stato di schiavitù".

 


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