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Immigrazione, Fiorella Mannoia: I politici non fomentino odio e risolvano i problemi

Intervista a una delle cantautrici più apprezzate in Italia e nel mondo, spesso in prima linea sui temi sociali: "La televisione è l'oracolo per molti italiani, chi decide le trasmissioni ha una responsabilità enorme per fare corretta informazione e aiutare le persone a superare le proprie paure"

di Daniele Biella

“Sia chiaro, in linea di principio io la penso come Matteo Salvini: sono contro l’immigrazione di massa. E sfido chiunque a dire il contrario, ovvero sia contento che ci sia nel mondo chi è obbligato a scappare dal proprio paese per guerre, persecuzioni o carestie. Vorrei invece che tutti siano liberi di spostarsi per piacere, per conoscere un’altra parte del pianeta…”. Raggiungiamo Fiorella Mannoia, una delle voci italiane più note a livello mondiale apprezzata anche per l’impegno sociale, appena saputa l’ennesima tragedia nel Mar Mediterraneo: almeno 10 persone hanno perso la vita mentre, grazie all’intervento della Guardia Costiera a 30 miglia dalla costa della Libia, sono stati tratti in salvo 440 profughi, tra cui 30 bambini e 50 donne. Nel giro di qualche ora dalla diffusione della notizia, si è rinnovato l’oramai consueto rincorrersi di dichiarazioni di politici sulla necessità di fare qualcosa e sull’attribuzione delle responsabilità a livello italiano e europeo.

A ogni nuova strage di migranti sembra di rivivere le sequenze di un brutto film: sale il polverone politico, dura qualche giorno, poi silenzio e nessuna nuova decisione fino alla tragedia successiva. Come uscirne?
È ora di una rivoluzione culturale: basta con i proclami dei politici in televisione, con lo sfruttamento delle paure della gente per procacciarsi voti, con il silenzio di chi invece non dice niente per non perderli, i consensi. Invito tutti quelli che parlano di immigrazione in queste ore e che hanno delle responsabilità pubbliche, a livello italiano come europeo, a sedersi attorno a un tavolo e trovare finalmente una soluzione per gestire un fenomeno migratorio dai tratti irreversibili. Lo dico prima di tutto a Salvini, ma anche ad altri: dato che ne parlate tanto, dimostrate che avete veramente a cuore il problema andando a fare pressioni nelle sedi opportune per risolverlo. Dal punto di vista concreto, però.

Concreto in che senso?
Lasciando da parte i proclami, le frasi del tipo “aiutiamoli a casa loro”. Non servono, e sono fuorvianti: come si può aiutare a casa propria chi viene bombardato, o torturato solo perché oppositore politico? La gran parte dei nostri politici ha ben presente questa realtà, ma preferisce tacere oppure puntare a discorsi distruttivi anziché cercare di costruire una via d’uscita al problema. Non trovo nessuno che abbia un ruolo pubblico oggi disposto ad ammettere che siamo coinvolti nelle cause che sconvolgono l’Africa e il Medio Oriente, dallo scandalo dei diamanti insanguinati in Tanzania e tutte le altre realtà africane depredate dalle multinazionali, alle responsabilità occidentali legate alle guerre in Iraq, Siria e Libia. Invece bisognerebbe partire proprio da lì, dall’ammettere i propri errori e puntare davvero al bene comune.

In Italia il tema immigrazione è quello che più radicalizza le persone, e alla realtà dei fatti spesso prevalgono i luoghi comuni. Come è possibile?
È una domanda che dovreste porvi voi per primi come giornalisti. Possibile che ancora oggi ci sia chi crede alla storia delle 30 euro al giorno date a ogni richiedente asilo (a cui invece va un pocket money giornaliero di 2,5 euro, il resto alla struttura ospitante, ndr) e la usano come argomentazione contro l’immigrazione anziché darla dietro a chi ci specula come successo con Mafia Capitale? Possibile anche che si creda che i migranti vogliano venire tutti da noi quando la maggior parte va in altri paesi del Nord Europa dove le quote per i profughi sono molto più alte? Chi fa informazione dovrebbe trattare questi temi in modo completo, anziché per esempio invitare nei salotti televisivi persone che basano il proprio consenso sulla propaganda xenofoba solo perché fanno audience. È ora di cambiare rotta, altrimenti è inutile lamentarsi dopo i danni fatti. La televisione oggi è considerata un oracolo, la frase più in voga tra la gente è “l’ha detto la televisione, allora è vero”, quindi chi sta dietro la scelta dei programmi ha una grande responsabilità verso le persone e le loro paure.

Cosa direbbe lei alle tante persone che, legittimamente, provano paura per quello che non conoscono?
La sfida più grande da vincere è evitare di farsi condizionare da chi alimenta queste paure. Da sempre ci viene dato uno spauracchio: gli zingari, gli albanesi fino a qualche anno fa, poi i polacchi e i romeni, ora i musulmani, ma anche allarmi come la mucca pazza, l’aviaria…c’è chi si avvantaggia a giocare sulle paure della gente, che però ora più che mai deve usare il proprio intelletto per leggere come va il mondo. Mi riferisco al fatto, come diceva Thomas Sankara prima di essere ucciso, che siamo in una nuova era, in cui “le persone che non hanno di che sfamarsi non ci lasceranno in pace”, perché i loro problemi sono stati creati da chi li ha sfruttati per decenni. Incontro tante persone in Italia che mi dicono di non farcela più, di vivere in contesti dove il mix multietnico è un problema più che una risorsa: “tu non vivi dove viviamo noi”, mi viene detto. È vero, io sono una privilegiata in tal senso, ma quello che dico sempre loro è che devono reagire invocando il rispetto della legge, a tutti i livelli: con leggi certe e rispettate da tutti la delinquenza diminuisce, da quella di strada a quella dei corrotti e dei politici condannati che oggi prendono ancora il vitalizio. Questa è la vera rivoluzione totale: seguire le regole e farle rispettare, non fomentare l’odio verso chi è diverso da te.


L’Unione Europea sembra disarmata dal continuo numero di morti in mare. Sono passati 18 mesi dalle terribili stragi del 3 e 11 ottobre 2015, quando persero la vita almeno 600 persone, e tutti gli impegni presi allora rimangono ancora oggi sulla carta…
Il fallimento sulle politiche migratorie è l’emblema del fallimento dell’Unione Europea come istituzione. Per come è stata pensata, alla Ue non credevo all’inizio e non credo tuttora: la trovo uno strumento totalmente condizionato da banche e multinazionali, anziché essere al servizio dei cittadini. Purtroppo finora non ho avuto alcuna indicazione che mi abbia portato a mettere in discussione la mia idea.


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