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Patriarca: «È una riforma storica e ben fatta»

Parla il deputato Edo Patriarca (Pd), membro della XII Commissione Affari Sociali che lavora alla legge delega sul Terzo Settore. «La resistenza a non creare un'authority ad hoc è stata del Governo. In Commissione la maggioranza era a favore. Ma c'è ancora spazio per cambiare»

di Lorenzo Maria Alvaro

Continua il lavoro per la Riforma del Terzo Settore. Qualche giorno fa è stato approvato l’art. 2 che, con un emendamento, riporta i poteri di controllo al ministero del Welfare. Niente authority terza dunque. Una scelta che ha generato diverse reazioni tra cui quella di Stefano Zamagni, economista ed ex presidente della fu Agenzia per il terzo settore. Per capire come è nata la decisione e fare un quadro generale del testo abbiamo parlato con Edo Patriarca, deputato Pd e membro della XII Commissione Affari Sociali.

Come nasce la scelta di lasciare i poteri di monitoraggio e controllo sul Terzo settore in capo al Ministero del Welfare e non ad un ente terzo?
Semplicemente rientra nel dibattito che è avvenuto in Commissione. La maggioranza della Commissione vedeva positivamente la possibilità di un’authority ma ha trovato una posizione più dubbiosa da parte dal Governo, per questo la relatrice ha proposto l'emendamento che affida al Ministero i compiti di vigilanza. Un emendamendo di mediazione che è poi passato.

Come si spiega la posizione del Governo?
Il motivo è che si è ritenuto che un’altra Agenzia avrebbe provocato costi e burocrazia. Ripeto la posizione della maggioranza della Commissione era della linea di costituire una nuova Agenzia.

Quanto spazio di manovra c’è per poter cambiare questo articolo 2 della riforma?
Noi abbiamo fatto la nostra parte, quello che abbiamo potuto. Tutto quello che va nella direzione di una pressione seria e motivata da parte del Terzo Settore può aiutare ad aprire di nuovo il confronto. Ma una discussione onesta però.

In che senso?
Quando il governo Monti soppresse l’Agenzia del Terzo Settore non ricordo una grande mobilitazione. Tutto accadde nel silenzio più totale del mondo del Terzo Settore. 

Qual è il bilancio del lavoro sulla riforma fatto finora?
Io dico che il lavoro di approfondimento e la rifinitura del testo mi sembra buono. Con l’art. 1 e l’art. 2 abbiamo fatto un’operazione complessa mai operata in questi anni, cioè definire all’interno del codice civile cos’è il Terzo Settore. Credo che sia, dal punto di vista culturale e normativo, una gran bella cosa. Lo stesso vale per l’art. 3 e su quello dell’impresa sociale. Sono soddisfatto. Il lavoro che stiamo facendo ha il profilo di una vera riforma costitutiva per il Terzo settore. Questa legge delega sta ripensando il civile che avremo nei prossimi 20 anni.

E per quello che riguarda i fondi a che punto siamo?
Questa Legge delega presuppone un investimento di risorse economiche non eccessivo ma decisivo. È importante che trovi continuità nella prossima legge di stabilità. Solo se decideremo di investire un po’ di risorse, circa 1 miliardo di euro, avrà gambe le gambe necessarie per camminare.

 

 

 


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