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Don Bizzotto: “I migranti? Alleati per superare la crisi, non capro espiatorio”

La dirompente riconferma di Zaia in Veneto non lascia alibi: la popolazione preferisce la sicurezza all'accoglienza. Lo storico fondatore dei Beati i costruttori di pace, reduce da un digiuno, ne prende atto e rilancia la sfida: "Il problema non è chi arriva da fuori, ma chi permette che miliardi di persone lavorino per arricchirne meno di un centinaio. E per di più devastando il pianeta terra: la riscossa deve arrivare ripartendo questa prospettiva".

di Daniele Biella

“Il nostro è stato e resta un no granitico ad accogliere nuovi migranti”. È perentorio il governatore del Veneto fresco di rielezione, Luca Zaia, nel rispedire al mittente la richiesta del ministro dell’Interno Angelino Alfano di ricevere quote più alte di profughi rispetto a quelle attuali. “Abbiamo già dato, ospitando 514mila immigrati regolari che si sono integrati e che ora, con 40 mila disoccupati, scontano la profonda crisi economica al pari dei nostri cittadini”, rincara Zaia. Come lui la pensa più della metà degli elettori veneti, e questo è un dato di fatto. Che ha lasciato spiazzato anche don Albino Bizzotto, fondatore di Beati i costruttori di pace e persona nota sia nella sua Padova che in tutta Italia per il suo impegno sociale a 360 gradi. Nelle scorse settimane aveva digiunato proprio per tenere alta l’attenzione sull’importanza dell’accoglienza verso chi fugge da guerre e disperazione. “A nulla è valso l’impegno di decine di comitati civici, di centinaia di persone che continuano a spendersi in prima persona nel rimarcare l’importanza di non chiudere le porte ai migranti. Punto e a capo, quindi”, indica Bizzotto a Vita.it.

L’accoglienza è sempre stata nelle corde della popolazione veneta, ma oggi, alla luce dei fatti, sembra essere stata messa da parte. Da dove ricominciare?
Dal ristabilire il giusto ordine delle cose. Ho ricevuto una lettera da un amico pochi giorni fa: è scandalizzato perché oggi nel mondo 84 persone possiedono tanto quanto 4 miliardi di abitanti. Una sproporzione abominevole che fa capire dove sta il problema: la quasi totalità di noi lavora per pochi ricchi e anziché denunciare questo si finisce a fare la guerra tra poveri, affrontando i profughi come i responsabili dell’insicurezza diffusa. Stiamo sbagliando semplicemente obiettivo. Con fatica dobbiamo invece riportare al centro la solidarietà fra tutti, senza distinzione di provenienza, perché la crisi colpisce indistintamente e chi viene da lontano e chi vive ai margini anche da noi. Il guaio è che siamo capaci di piangere anche solo per la paura di perdere i soldi e non riusciamo a piangere per i figli morti in morte. I rischi veri sono altri.

Quali?
Il continuare a vedere solo nella crescita economica l’uscita dalla crisi. Bisogna invece riconsiderare il proprio rapporto con il Pianeta, che oggi è in metastasi e noi non vogliamo esserne pienamente coscienti. Aumento dell’anidride carbonica, consumo di suolo, cambiamenti climatici, acidificazione e inquinamento degli oceani, assoggettamento della natura all’uomo: questi i veleni attuali. Non c’entrano nulla gli immigrati, la paura di perdere quanto acquisito finora, lo scontro culturale o religioso, il fatto è che bisogna lottare tutti assieme per ridare un ruolo da protagonista alla Terra come fonte di vita.

A livello religioso, come vede questa decisa virata securitaria che prevale sull’accoglienza?
Anche all’interno della Chiesa il dibattito è molto sentito, le posizioni di Papa Francesco in questo senso spesso servono a rompere certi schemi, in particolare nella salvaguardia delle categorie più deboli, spesso non tutelate se non addirittura prese di mira da una parte della stessa politica. Il nostro compito come cristiani è far sentire la propria voce laddove vada fatto, anche a costo di creare conflitti sui ragionamenti. Gesù stesso ci ha insegnato l’importanza di accogliere i pagani, i rifiutati dalla società, in un’ottica di trasformazione. Seguiamo l’esempio, senza remore e ognuno come può, anche se questo dovesse costare esporsi in prima persona.

Quali i primi temi da denunciare?
Innanzitutto una delle contraddizioni interne al sistema più lampanti, quella del mantenimento della produzione e del commercio delle armi, strumenti di morte che distruggono vite umane e ambiente proprio in quei paesi oggi in preda alla guerra, da dove giunge il pericolo anche per noi e da dove arrivano tutti quelli che fuggono nella disperazione. Poi, legato alla questione dei rifugiati, è importante coinvolgere l’Unione europea non solo per far tornare i conti economici ma anche per affrontare le difficoltà comuni dei fenomeni migratori. Infine, si guardi al meschino business dell’accoglienza e la malagestione che ha portato tante persone a speculare sulla pelle dei più poveri, rovinandone anche la reputazione, perché da vittime i richiedenti asilo sono diventati oggi capri espiatori. Questo è inammissibile, ci vogliono più controlli e trasparenza.


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