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Economia & Impresa sociale 

Cantone: «Stima per la cooperazione sociale, ma sulla legalità serve un mea culpa»

Confronto fra il numero uno della Authority anticorruzione e i vertici della cooperazione sociale di Federsolidarietà: «Il vostro mondo, che ben conosco e che ha tanti meriti, ha aperto le porte a logiche speculative. Un sistema che va fermato. È venuto il momento di mettersi nelle condizione di espellere le mele marce»

di Redazione

Tanti applausi e tantissimi cenni di assenso. Così la platea dei cooperatori di Federsolidarietà-Confcooperative (fra palco e parterre presente tutto lo stato maggiore a partire dei numeri uno di Confcoop Maurizio Gardini e di Federsolidarietà Giuseppe Guerini) ha accolto l’intervento del presidente dell’Anac (l’Authority anticorruzione) Raffaele Cantone in occasione dell’incontro “Sviluppo locale e legalità” che si è tenuto questa mattina nell’Auditorium di Cascina Triulza in Expo. Lo stesso Cantone che in questi mesi non ha taciuto il suoi j’accuse nei confronti del sistema degli appalti in cui sono inserite anche tante coop.

A introdurre il presidente dell’Anac è stato Guerini: «Siamo feriti dal fatto che la gran parte dell’opinione pubblica ha conosciuto la cooperazione sociale solamente per le note vicende di cronaca legate a Mafia Capitale, noi però sul tema della regolamentazione degli affidamenti stiamo lavorando non da oggi e nemmeno da ieri, ma dal 2010». «É necessario uscire dalla logica dell'emergenza e passare a una programmazione certa:», ha continuato Guerini, «apprezziamo il lavoro svolto dall'Anac sulle regole per gli affidamenti perché tutelano per prima la cooperazione stessa. Per il ripristino della legalità nella gestione degli appalti e nello sviluppo locale c’è una doppia necessità: da un lato la cooperazione deve lavorare sulla governance favorendo il ricambio e la qualità della dirigenza, prestando attenzione ad una crescita equilibrata e ad un reale controllo democratico dei soci. La PA, dal canto suo, deve qualificare e migliorare i sistemi di affidamento e selezione, snellire le normative sugli appalti, responsabilizzare i dirigenti e sviluppare idonei sistemi di valutazione».

Guerini arriva poi a mettere in discussione l'applicazione dell’articolo 5 delle 381/91, che prevede la possibilità di convenzioni in deroga alla disciplina in materia di contratti della pubblica amministrazione. «Deroga», ha concluso, «che troppo spesso ha significato, senza che ci fosse scritto da nessuna parte, affidamenti diretti. Questa norma è stata scritta quando in Italia esistevano 2mila cooperative sociali, oggi sono oltre 10mila in più, forse è il momento di voltare pagina».

Il microfono è poi passato a Cantone. L’intervista che segue è costruita riprendendo i passaggi più significativi del suo intervento.

Mafia Capitale è un caso isolato?
Ho ragione di ritenere che se le indagini proseguiranno, casi del genere esploderanno anche in altre zone d’Italia. Ma mi consenta una premessa.

Prego…
Io sono campano e conosco tante piccole realtà del mio territorio che si rifanno all’esperienza della cooperazione sociale di cui ho conoscenza e grande stima. Poi sono anche magistrato e ho la chiara percezione, anche dal punto di vista culturale, del grande lavoro che questo mondo sta facendo affinché i temi della rieducazione dei condannati non passi in secondo piano, e questo anche nei momenti in cui il grosso dell’opinione pubblica manifesta con il cappio in mano. In questo senso la cooperazione è stata un baluardo importante.

Fatta la premessa?
Non si può far finta di non vedere che questo mondo ha consentito l’ingresso di un meccanismo speculativo che teoricamente gli dovrebbe essere estraneo. Pensiamo solo ai colossi cooperativi che sono sorti in Sicilia. Ma pensiamo anche a tutte quelle cooperative sociali di inserimento lavorativo create ad uso e consumo di tanti politici locali. Col blocco delle assunzioni nel settore pubblico in alcune zone del Paese non c’è politico che non abbia la sua cooperativa di riferimento. Questo meccanismo va cambiato.

Come? Intervenendo sulla legislazione?
Se portassimo in Parlamento in questo momento la soppressione dell’articolo 5 della 381 richiamato dal presidente dei Federsolidarietà o della riserva del 5% degli appalti da attribuire alle cooperative, il provvedimento passerebbe con una maggioranza bulgara. In questo modo però si passerebbe da un eccesso all’altro. Le norma vanno senz’altro rifinite, ma oggi credo convenga agire nel contesto dato.

Ovvero?
Faccio un esempio: io credo che il sistema del convenzionamento sia accettabile, a patto però che la convenzione sia preceduta da un confronto competitivo fra i fornitori e che si metta fine al meccanismo del rinnovo automatico. Poi c’è il tema dei controlli. A Roma, sembra impossibile, ma è così, di nessuna cooperativa assegnataria sono mai stati verificati i requisiti. E parlo dei requisiti formali. Aggiungo che su questo punto la riforma del Terzo settore in discussione del Parlamento non cambia nulla. È un’occasione persa.

Quali sono i poteri di intervento dell’Anac?
Abbiamo una buona capacità di indagine e intervento, ma il mondo della cooperazione sociale – senza parlare di quello delle onlus che in tanti casi è una veste fiscale utile solo ad evadere le tasse – ormai è diffuso in tutto lo Stivale. Non possiamo fare da soli. Abbiamo bisogno del vostro aiuto. Su questo fino ad oggi la cooperazione sociale, intendo quella buona, ha fatto poco. Troppo poco.

In che senso?
Credo che i cooperatori debbano fare autocritica. Ci sono fenomeni distorsivi sotto gli occhi di tutti che non potevano non essere visti. Quando una cooperativa su un territorio acquisisce certe dimensioni e si mette a finanziare tutti i politici, anche legalmente, forse c’è da farsi qualche domanda. E i primi a farsela dovrebbero essere i buoni cooperatori. Io capisco che si tenesse un profilo basso per non intaccare la reputazione dell’intero comparto, ma è arrivato il momento di mettere un punto. Le linee guida sul codice degli appalti possono essere una buona occasione di dialogo. I primi a fare pulizia dovete essere voi, dall’interno. Le mele marce vanno estromesse dal sistema. E se non proprio quelle marce, mi accontenterei che lo faceste almeno con quelle marcissime.


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