Cooperazione & Relazioni internazionali

Rathaus (Cir): “In Italia manca un piano nazionale d’integrazione dei rifugiati”

"Sarebbe il primo passo per avere una vita dignitosa e con senso di appartenenza verso il territorio in cui si sta ricominciando a vivere", spiega la direttrice del Consiglio italiano per i rifugiati. "La Germania oggi spende un miliardo di euro all'anno solo per l'insegnamento del tedesco ai richiedenti asilo su 25 miliardi totali, l'Italia raggiunge in totale 1,16 miliardi per l'accoglienza", lo 0,14% della spesa pubblica nazionale

di Daniele Biella

In tutto, 1,16 miliardi di euro: è la cifra che il ministero dell’Interno ha speso nel 2015 per la prima e seconda accoglienza dei migranti. In crescita, non esagerata, rispetto al milione di euro tondo del 2012, e soprattutto tale da rappresentare solo lo 0,14%, della spesa pubblica nazionale complessiva. “A confronto con altri Stati, in primo luogo la Germania, che nel 2016 investirà per l’integrazione ben 25 miliardi di euro, le cifre italiane rimangono piuttosto limitate”, sottolinea Fiorella Rathaus, direttrice del Cir, Consiglio italiano per i rifugiati, organizzazione umanitaria indipendente nata nel 1990 e da sempre riferimento autorevole per ogni questione legata alle migrazioni.

Bisognerebbe investire di più nell’accoglienza?
Le cifre sono in leggero aumento ma a confronto con altri modelli si è ancora indietro: basti pensare che nel caso sopracitato della Germania, ben un miliardo di euro viene investito nell’insegnamento della lingua tedesca ai rifugiati, canale privilegiato di integrazione nel Paese in cui si è ospitati. È la stessa cifra che l’Italia invece spende per tutta la gestione dell’accoglienza, come evidente il divario è notevole. Ancora di più se si pensa che il 78% delle spese, ovvero 918,5 milioni di euro, viene destinato a strutture temporanee come Cara, Cie e Cas, quindi a una gestione ancora molto emergenziale del fenomeno migratorio.

In che ambiti il sistema italiano è carente?
Manca del tutto un piano nazionale di integrazione, con specifici capitoli di spesa e linee guida. Prima riacquisti una vita dignitosa, più facile sarà il tuo percorso di inclusione e di uscita dalla marginalità, per questo è opportuno oggi più che mai dotare chi migra in Italia di strumenti che stimolino un forte senso di appartenenza al luogo in cui si è inseriti. Il fatto che non ci sia questo piano nazionale crea un enorme buco nero che va a svantaggio di tutti, perché i rifugiati possono essere una risorsa, come hanno capito altrove. In questo senso abbiamo anche perso tempo e possibilità di finanziamenti europei.

A quali finanziamenti Ue si riferisce?
L’Italia ha avuto, per varie ragioni contingenti un gravissimo ritardo sul lancio dei bandi del nuovo fondo Fami (Fondo asilo, migrazione e integrazione, in viertù del quale l'Unione europea darà all'Italia 40 milioni di euro in tre anni) e questo ritardo ha interferito sia su vari possibili progetti d’integrazione che soprattutto sulla partenza dei progetti di rimpatrio volontario assistito che sono stati fermi per quasi un anno. Sembra che finalmente tutto sia ripartito e attendiamo finalmente, in questo senso, risultati positivi prima dell’estate.


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