Cooperazione & Relazioni internazionali

Quanto spendiamo per l’accoglienza?

Lo scorso anno sono stati 1,16 miliardi.
 Cioè lo 0,14% della spesa pubblica. 
In Germania nel 2016 investiranno 25 volte tanto. Tutti le cifre italiane dell'accoglienza ai profughi, analizzate sul numero di VITA in edicola da venerdì

di Daniele Biella

Gestire l’accoglienza e la permanenza in Italia di chi arriva da un altro Paese? Costa. Il dato è di 1,16 miliardi di euro che il ministero dell’Interno ha speso nel 2015 per la prima e seconda accoglienza dei migranti. In crescita, non esagerata, rispetto al miliardo di euro tondo del 2012. Attenzione, però: il punto di vista, nel considerare le cifre, è fondamentale.

«Il costo di 1,16 miliardi rappresenta una piccolissima percentuale, lo 0,14%, della spesa pubblica nazionale complessiva». A precisarlo è proprio chi ha fatto i conti in tasca al Governo: il primo gruppo di lavoro sul tema – che a ottobre 2015 ha pubblicato un dettagliato Rapporto sull’accoglienza – coordinato dal ministero dell’Interno alla presenza di docenti universitari, esperti di politiche migratorie, referenti delle istituzioni locali, il prefetto direttore centrale del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, personale dell’Istat e con il supporto di uno degli enti più attivi nell’analisi dei fenomeni sociologici come la Fondazione Moressa.

«I costi dell’accoglienza? Non sono pochi né tanti: devono essere quelli giusti, ovvero necessari a rispondere con efficacia alle esigenze di un buon funzionamento del sistema dell’asilo politico e tali da non produrre disagi ai cittadini italiani e di favorire l’integrazione», sottolinea a Vita Domenico Manzione, sottosegretario agli Interni, a cui fa capo la gestione dei processi di inserimento dei migranti nei territori.

In questo caso l’Europa, almeno a livello economico, non sta a guardare: con il Fami (Fondo asilo, migrazione e integrazione) la Ue dà all’Italia 400 milioni di euro in tre anni, «a cui si aggiungono altri investimenti e iniziative di livello europeo, che non sono riassumibili in una singola voce e provengono da un dibattito sempre attivo», riferisce Domenico Manzione.

Quanto e come si spende
«Spendere bene per l’accoglienza significa anche migliorare l’economia del luogo in cui vengono inseriti i richiedenti asilo», indica Daniela Di Capua, direttrice del Servizio centrale dello Sprar, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, nato nel 2002 ma impennato, nei numeri, meno di due anni fa: dai 4mila d’inizio 2013 ai quasi 22mila attuali. «È stato fatto una grande passo avanti, ma ne servirebbe uno ancora più grande per superare le difficoltà attuali. Difficoltà che parlano di una mancanza di visione a lungo termine e di una gestione ancora troppo emergenziale di fronte a un fenomeno che da anni è diventato strutturale»…

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