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Prefetto Morcone: «Verso lo stop ai Centri di accoglienza straordinaria»

Il capo del Dipartimento libertà civili e immigrazione indica la chiusura dei Cas come obiettivo nel medio termine e annuncia entro fine aprile la riapertura del bando per progetti Sprar – dopo che l’ultimo ha avuto il 40% di posti vuoti – garantendo ai sindaci che aderiranno «il fatto che non verranno aperti nuovi Cas sul loro territorio. Puntiamo a potenziare lo Sprar, e ad arginare eventuali abusi”

di Daniele Biella

Migranti, accoglienza continua a far rima con emergenza, anche quattro anni dopo il primo boom di sbarchi in Sicilia, nel fatidico anno 2011. È un ossimoro duro a morire quello che tiene in vita i Cas, Centri di accoglienza straordinaria – dal singolo appartamento all’hotel a strutture di ogni tipo gestite da profit o non profit – che oggi sono almeno 3100 in tutta Italia: affidati con bandi annuali o biennali o anche con affido diretti nei casi più urgenti dalle singole Prefetture territoriali al singolo gestore, sono sempre di più nell’occhio del ciclone della società civile: varie le segnalazioni di situazioni opache e lesive dei diritti umani (riscaldamento spento in pieno inverno, strutture con condizioni igieniche proibite, pocket money di 2,5 euro al giorno non dato o somministrato con ritardo di mesi) che portano anche a guadagni eccessivi dei gestori sulla pelle di migranti e cittadini. “Stiamo facendo il possibile, la nostra capacità di controllo arriva fino a un certo punto”, ci spiega il prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento libertà civili e immigrazione del ministero dell’Interno, punto di riferimento di tutte le Prefetture d’Italia. “Il monitoraggio generale ci mette di fronte a un impegno molto grande. Di fronte a segnalazioni specifiche, comunque, ci muoviamo in poco tempo”. Se il controllo conferma irregolarità in una struttura, a seconda dell'entità l'ente gestore viene diffidato e sollecitato a mettersi in regola. Ma raramente – se non di fronte a casi più che eclatanti – si arriva alla revoca del servizio, ovvero degli oramai famosi 35 euro al giorno per persona accolta: anche perché spesso l'alternativa immediata non c'è, e i migranti ospitati rischierebbero di finire in strada. Si naviga a vista, quindi. Affidandosi al meno peggio.

Il recente rapporto InCAStrati di Libera, Campagna LasciateCIEntrare e Cittadinanzattiva parla chiaro:manca attualmente un elenco pubblico delle strutture, di chi le gestisce. Abbiamo chiesto informazioni in merito a 52 Prefetture su 106, solo 8 ci hanno risposto”, lamentano i volontari, “eppure ben 70918 erano le persone ospitate nei Cas a fine 2015”. Tante, il 72% del totale degli accolti. Il resto, tolte poche migliaia in Cara e Cie, sono inserite nei progetti Sprar, il Servizio per richiedenti asilo e rifugiati, la vera alternativa ai Cas. Sia per gli enti della società civile, da Arci a Caritas a molti altri, sia – sorprendentemente – per lo stesso Morcone: “I Cas vanno eliminati, trasformandoli man mano in Sprar, progetti dove i capofila non sono privati ma i Comuni”. E dove la rendicontazione non è affidata a fatture generiche come avviene per i Centri di accoglienza straordinaria, ma a un libro spese dove non deve sfuggire nulla, anche perché da prassi viene poi finanziato quanto speso, non un euro in più. Il numero dei posti Sprar è in forte crescita negli ultimi anni, 430 i progetti attivi, “ma non abbastanza”, tanto che l’ultimo bando ha avuto il 40% di posti vuoti: “chiedo ai sindaci di fidarsi, con una loro gestione diretta migliora la coesistenza civile. Per questo entro fine aprile 2016 riapriremo il bando”, rivela Morcone. Il richiamo alla fiducia è dovuto al fatto che molti Comuni non si azzardano ad accogliere migranti con lo Sprar quando poi, su decisione prefettizia calata dall'alto, potrebbero arrivare dall'oggi al domani altre persone in nuovi Cas: "sarebbe impossibile da spiegare ai cittadini", è il commento che va per la maggiore tra i sindaci di tutta Italia, al Nord in particolare.

"Ma io stesso ho scritto a ogni Prefettura italiana ribadendo, in due circolari distinte, che ciò non dovrà accadere: chi offrirà posti Sprar avrà la garanzia di non doversi sobbarcare altri arrivi. L'obiettivo è il minor impatto sociale possibile, anche perché con numeri bassi ma diffusi il più possibile sul territorio la convivenza è garantita e assolutamente non problematica, ci sono molte esperienze in atto che lo confermano", sottolinea Morcone. In questo senso, l'ultimo passo del Governo verso le amministrazioni comunali è stato quello di ridurre dal 20% al 5% il cofinanziamento per il singolo progetto Sprar. "Bisogna insistere nello spiegare che l'investimento di un Comune verso lo Sprar porta più autonomia, più possibilità di controllo del territorio. In completa sintonia con le Prefetture, perché nessun prefetto ha voglia di litigare con i sindaci, tutt'altro". Anche l'aspetto economico ha il suo peso: "ricordo che buona parte delle 35 euro giornaliere – il 40% secondo l'ultimo rapporto della task force composta da funzionari governativi ed enti della società civile, intitolato La buona accoglienzaè spesa per lo stipendio degli operatori locali, così come vitto e gli altri servizi per i migranti sono recuperati dal territorio, contribuendo all'economia locale".


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