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Assunzione docenti, scocca l’ora delle competenze

Giovanni Vinciguerra (Tuttoscuola): «si tratta di una rivoluzione copernicana nell’ambito della gestione del personale della scuola statale, sempre che nell’applicazione venga rispettato lo spirito della legge. Più che di chiamata diretta, di incrocio tra domanda e offerta di professionalità: domanda di specifici profili da parte delle scuole e offerta di competenze da parte dei docenti inseriti negli ambiti territoriali. Non mi scandalizza poiché accade in quasi tutte le professioni che il datore di lavoro selezioni il personale da assumere»

di Sara De Carli

In questi giorni si discute molto e molto animatamente della ultima novità introdotta nel mondo scuola: la "chiamata diretta" dei docenti da parte dei dirigenti, ovvero la scelta degli insegnanti (ovviamente tra quelli in possesso di abilitazione all’insegnamento e che hanno superato un concorso pubblico) dopo un colloquio che ne accerti le competenze rispetto allo specifico Piano dell'Offerta Formativa della scuola. A inizio agosto la novità era stata subito accompagnata da polemiche sugli episodi di alcuni dirigenti che avevano posto domande sui figli piccoli o sulla volontà di averne, mentre oggi Salvatore Giuliano, dirigente dell'Istituto Majorana di Brindisi ha pubblicato la foto dei tre docenti che "salgono a bordo", fra le prime scuole a completare completare la procedura.
Giovanni Vinciguerra è il direttore di Tuttoscuola, una rivista di riferimento per gli insegnanti e il mondo della scuola. Con lui abbiamo tracciato un bilancio del primo anno di Buona Scuola, rispetto all’obiettivo di sollecitare un cambiamento nel “cosa” e “come” si insegna dentro le aule, nella prospettiva di formare un cittadino che sappia affrontare le sfide del futuro. L'intervista è stata publicata sul numero di Vita in edicola, dedicato alla rivoluzione in atto nella scuola.

Quali novità contenute nella legge 107 stanno concretamente cambiando la figura del docente?
La principale novità è costituita dal fatto che le scuole hanno più autonomia in materia di flessibilità dell’offerta formativa, tramite il piano triennale dell’offerta formativa (PTOF). Il docente, in questa prospettiva, sarà meno solo e meno “disciplinarista” rispetto al passato. Se una scuola deciderà, per esempio, di inserire nel PTOF un piano per la riduzione della dispersione, centrato su una maggiore personalizzazione dei curricula individuali, questo comporterà per ogni docente un rapporto diverso con gli studenti, meno legato a rigidi standard di insegnamento. Aumenteranno l’approccio interdisciplinare e la collaborazione tra docenti. Sempre in base al PTOF molti insegnanti potrebbero essere coinvolti in iniziative extracurricolari, ad esempio nell’apertura pomeridiana delle scuole.

Sta cambiando anche la didattica?
La legge 107 spinge molto nella direzione della scuola digitale e della didattica laboratoriale. Questo comporterà un sempre più largo ricorso a nuovi ambienti di apprendimento e a una didattica che valorizzi l’apprendimento collaborativo. La legge inoltre lega la formazione in servizio dei docenti, definita finalmente come «obbligatoria, permanente e strutturale», al PTOF e ai piani di miglioramento delle singole scuole: questo avrà un’importante ripercussione sulla didattica che non potrà non essere orientata dalle scelte programmatiche fatte dalle scuole. Un altro punto significativo è la diffusione della metodologia CLIL (Content and Language Integrated Learning), che prevede l’insegnamento di una disciplina di studio in lingua inglese: pur risentendo di qualche carenza nella competenza linguistica dei docenti, soprattutto nella scuola primaria, può costituire un volano per lo sviluppo delle competenze linguistiche dei nostri studenti.

È recentissima la discussione operativa sulla “chiamata diretta” degli insegnanti che avranno la titolarità sull’ambito territoriale: è una novità che può innalzare la qualità della scuola? Che vantaggi e che rischi vede?
Si tratta di una rivoluzione copernicana nell’ambito della gestione del personale della scuola statale, sempre che nell’applicazione venga rispettato lo spirito della legge. Preferirei parlare, più che di chiamata diretta, di incrocio tra domanda e offerta di professionalità: domanda di specifici profili da parte delle scuole e offerta di competenze da parte dei docenti inseriti negli ambiti territoriali. Detto questo, il principio di scelta da parte del dirigente scolastico, stabilito dalla legge, non mi scandalizza poiché accade in quasi tutte le professioni che il datore di lavoro selezioni il personale da assumere. Ricordo che per entrare negli ambiti occorre avere l’abilitazione all’insegnamento e aver superato un concorso pubblico. D’altronde se il dirigente scolastico dopo un triennio verrà valutato sulla base dei risultati raggiunti, è giusto che possa scegliersi la squadra, sia pure all’interno di criteri ben chiari e nell’assoluta trasparenza delle scelte. Un preside ha mediamente a che fare con 1.500 studenti, 3.000 genitori e 200 tra docenti e personale ATA: è un lavoro che non si può fare senza il supporto di una squadra affiatata, ed è quindi ragionevole che il dirigente possa assumersi la responsabilità della scelta tra coloro che saranno stati assegnati all’ambito territoriale di competenza.

Le chiedo un giudizio complessivo sulla Buona scuola, un anno dopo, ma la metto così: da tempo si dice della necessità della scuola di cambiare, questa legge sta aiutando ad avviare questo cambiamento o no?
La legge colma un ritardo di 15 anni, quando fu introdotto il principio dell’autonomia delle istituzioni scolastiche senza creare le condizioni affinché le scuole potessero esercitarla realmente. Ha dunque questo merito, ma la realtà richiederebbe cambiamenti ancora più profondi. La Buona Scuola fa alcuni passi nella giusta direzione ma non segna un vero salto di qualità nelle regole di funzionamento e nel modello organizzativo. Non si è riusciti ad affascinare l’opinione pubblica e gli operatori scolastici con la chiara visione di un progetto complessivo veramente convincente, né a trasmettere l’urgenza di un cambio di passo nell’interesse del Paese, dei giovani e anche di chi lavora nella scuola: ciò ha costretto ad un maggior compromesso con la base conservatrice. Alcune novità foriere di cambiamento sono state introdotte, in particolare citerei la carta del docente da 500 euro l’anno, positiva per rapidità di esecuzione ma da valutare meglio a consuntivo riguardo alle modalità di utilizzo e l’obbligo dell’alternanza scuola-lavoro, che ha enormi potenzialità: per coglierle però le scuole dovranno essere ben supportate. Ora aspettiamo i molti decreti legislativi attuativi. La partita è aperta, e il suo esito, in termini di effettivo cambiamento, potrà essere valutato solo in tempi più lunghi. Certamente è necessario, riguardo alle novità introdotte, verificare e confrontarsi, rispondendo a dubbi e perplessità: sull’aspetto dell’ascolto c’è ancora molto da fare.

Foto Jason Bahr/Getty Images for Knowledge Universe


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