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Renzi No Slot: un impegno «senza se e senza ma»

«Toglieremo le slot da tutti gli esercizi commerciali», ha dichiarato a Vita il Premier Renzi. Tutti significa tutti gli esercizi, non "alcuni esercizi". Singolare il fatto che ogni precisa dichiarazione di impegno del Presidente del Consiglio trovi chiosatori prudenti nella stessa maggioranza di governo. Ma oramai, spiega Matteo Renzi, è tempo di cambiare passo. E se le parole sono pietre, quel tempo è arrivato

di Marco Dotti

«Toglieremo le slot da tutti gli esercizi commerciali», ha dichiarato Matteo Renzi al nostro magazine, in un’intervista che apparirà sul numero di settembre, in uscita venerdì 9.

Ogni aggiunta è di troppo, quando gli impegno sono semplici e chiari. Anche se c'è chi, come il solito Sottosegretario all'Economia Pier Paolo Baretta ha tentato di complicare le cose semplici rilasciando un'intervista "riparatrice" a Avvenire, in cui come l'ultimo giapponese sull'isola di Lubang cerca di far passare la propria linea (distinguendo artificiosamente tra esercizi commerciali "a", "b", "c", "1-x-2" e chi più ne ha, più ne metta), come se fosse quella del Governo e questo Governo non l'avesse, a più riprese, sconfessata. Baretta sta cercando di far passare come urgente l'accordo in Conferenza Stato Regioni che, che non è né urgente, né necessario e non c'entra con quanto dichiarato al nostro magazine da Renzi. Se ne faccia una ragione.

Torniamo allora a Matteo Renzi e alle sue parole, semplici, chiare, precise e pesanti come pietre: «Stiamo per togliere le slot dagli esercizi commerciali». Inutile negarlo: a dispetto degli artificieri, un doppio passo è stato compiuto in questi anni. Non è un (doppio) passo da poco. Ora si tratta di saltare l’ostacolo frapposto tra le buone intenzioni e le pratiche efficaci che danno corpo a quelle intenzioni.

Via le slot da tutti gli esercizi: dalle parole ai fatti?


Primo passo. Cinque anni fa, nessun leader si sarebbe spinto ad affermare, con tanta chiarezza, di voler togliere le slot da tutti – ripetiamo: tutti – gli esercizi commerciali. A frenarlo sarebbero state non tanto convenienze o calcolo, ma – chiamiamolo così – un brodino di “coltura” del non fare e una naturale predisposizione d’animo per quello che ama definirsi “un comparto industriale” (la lobby dell’azzardo), ma è semplicemente speculazione innervata sulle vite nude, sui territori, nel quotidiano.

Banalmente, non era nell’ordine delle idee dei vari Monti, Letta e men che meno – per ovvi motivi – Bersani & co. E nemmeno era nell’ordine del chi dice di provarci, se è vero che per fare bisogna tentare e, talvolta, cadere. E pur di non cadere, chi ha preceduto Renzi nemmeno ci ha provato.

Il governo di Mario Monti, tanto per capirci, nel 2011 agli italiani regalò addirittura l’estensione online di slot machine e simili. E gli italiani se la ritrovarono sotto l’albero di Natale, direttamente installata nei telefonini che si apprestavano a far avere ai figli. Critiche? Quasi zero, sui grandi media. Solo un manipolo di “pazzi”, si permise di indicare la luna, anziché il mignolo di sua Maestà austerity.

Non bastasse: tra sé, quell’albero e i cittadini (che pochi mesi dopo si sarebbero trovati anche il regalo pasquale del fiscal compact: riforma costituzionale passata sotto silenzio dai grandi critici di ieri e di oggi) il governo mise un muro di impermeabilità. Altro che referendum. Intendiamoci, le voci critiche c’erano, ma le critiche messe in circolo da quelle voci (non tutte, ovvio) giravano a vuoto tra improbabili leggi di iniziativa popolare e decine di disegni di legge depositati solo per ingolfare un po’ il motore dicendo “ci abbiamo provato”. Ma tra provarci e fare la differenza sta tutta nell’insistere, nel non demordere, nel non arrendersi. In troppi si sono arresi o, peggio, consegnati al conflitto di interessi di turno.

Oggi l’impegno per il qui e ora è chiaro, e per questo ci spingiamo a dire che qualcosa è cambiato. Cosa? Semplice: è cambiato il claim, il punto del contendere. Questa è una risorsa che non deve essere sprecata.

Che un presidente del consiglio ponga la questione con tanta chiarezza al centro della sua agenda, dicendo «stiamo per togliere le slot dagli esercizi commerciali»è davvero un buon segno. Forse non per tutti, ma per noi

Il governo Renzi è stato il solo, finora, a non impugnare come avrebbe potuto le leggi regionali no slot più virtuose, come quella della Lombardia. Certo, e qui ne abbiamo parlato tante volte, sottocoperta c’è chi ha tentato e ancora tenterà il sabotaggio. Ma vigileremo, se vigilerete anche voi. La trasparenza non è un dogma, ma l'oscurità è sempre un ottimo alibi. Riuscirà ora Renzi a saltare l’ostacolo, ora che di alibi non ce ne sono più? Credo di sì, se alle buone intenzioni aggiungerà una disposizione secca, semplice, non barocca (nel barocchismo sguazza il parastato del tergiversare) immediatamente attuativa. Vedremo.

Dividere welfare e azzardo: zero ricatti a enti locali e sociale


Secondo passo. Ricordiamo l’Aquila, dove si approfittò del terremoto per incrementare l’offerta di azzardo con la scusante di “reperire fondi per la ricostruzione”. Fondi mai arrivati, tra l’altro. Ma ricordiamo i tentativi e le parole di loquaci senatrici, loquacissimo senatori e "dialoganti" sottosegretari di questo governo che da mesi parlano di “tasse di scopo” e di “fondi buone cause” (presenti in tutte le proposte di riforma avanzate in questi anni dal sottosegretario con delega ai giochi Pier Paolo Baretta!) Renzi qui è chiaro: nessun legame tra ricostruzione e azzardo.

Le buone cause rischiano di ventare l'alibi per affaristi e gente in cerca di coperture per i propri affari. Il bene si fa e non si dice. Passo compiuto, non era così scontato, viste le sirene e gli avvoltoi del marketing delle “good causes” risuonate nei giorni scorsi. (Vi siete già dimenticati del jackpot del superEnalotto?)

Ma Renzi va oltre: nessun legame diretto (e, di conseguenza, perverso) tra welfare e azzardo. Nessuno, discorso chiuso. Chi lo riapre, lo fa a suo rischio e pericolo. E soprattutto lo farà senza maschera. Non si cura un male con un altro male. La tassazione finisca dove deve finire: nella fiscalità generale. Senza ricatti fiscali o morali agli enti pubblici e al sociale: questa affermazione di Renzi, al contrario della precedente, è già un dato di fatto. Bisogna vigilare affinché non entri dalla finestra (magari in qualche articoletto della Legge di Stabilità 2017 che è oggi allo studio) ciò che si è riusciti a cacciare dalla porta.

Adesso è l'ora


Se ci guardiamo alle spalle e contempliamo il deserto delle buone intenzioni che in questi anni abbiamo ascoltato con infinita pazienza, possiamo già dire che non è un fatto da poco.
Ma il nostro compito, insegnava Santa Teresa di Calcutta, non è guardare alle macerie di ieri o ai castelli di domani. Il compito di tutti è agire sull’oggi: qui, ora, adesso. Ed è questo "adesso" il terzo passo. Quello decisivo. L’ostacolo? Solo la nostra volontà, senza artifici. Non sarebbe poco.


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