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Il Governo ammette: la Carta Famiglia «rischia di restare sulla carta»

Ancora manca il regolamento, che doveva arrivare a marzo. Ora il ministro Poletti ammette che ci sono «notevoli difficoltà attuative della norma»: servirebbero operatori economici privati che si facciano carico dei costi di emissione e distribuzione della carta, ma afferma anche che «la carta potrebbe non risultare appetibile». La replica di Sberna: «Ministro, mi telefoni e le do il regolamento già fatto, senza costi per lo Stato, ma facciamola partire questa Carta famiglia, perché le famiglie ne hanno bisogno».

di Sara De Carli

La Legge di Stabilità di un anno fa ha istituito la Carta Famiglia, una carta che non è caricata con risorse ma che dà sconti e agevolazioni alle famiglie con almeno tre figli. Dopo ormai un anno, alla vigilia della discussione della nuova legge di bilancio, la Carta Famiglia ancora non c’è: manca infatti il regolamento attuativo, che doveva arrivare entro fine marzo.

Mario Sberna ha sollevato ancora una volta la questione oggi pomeriggio al Question Time della Camera, ricevendo una sorprendente risposta del ministro Poletti: uno, non è nelle mie nelle competenze, «in quanto dal 10 febbraio 2016 la delega all'attuazione delle politiche familiari è stata affidata al Ministero degli affari regionali e le autonomie con delega alla famiglia»; due, si rilevano «notevoli difficoltà attuative della norma», che non prevede una copertura a carico del bilancio dello Stato nemmeno per l'emissione e la distribuzione della carta e quindi avrebbe bisogno di qualche operatore economico «interessato alla produzione e distribuzione dalla carta» per sopperire a tali costi; tre, «la carta potrebbe non risultare appetibile né per le famiglie né per gli operatori economici», poiché «sono già presenti sul mercato numerosi strumenti di pagamento dal costo modesto e aventi le medesime caratteristiche con sconti alle famiglie presso gli esercizi convenzionati». Senza soluzioni a questi problemi questa misura, ha ammesso il ministro Poletti, «rischia di rimanere sulla carta».

Una risposta «sconcertante» per Mario Sberna, che aveva presentato l’emendamento che aveva dato vita alla Carta: «serve pochissimo fare un regolamento e non servono assolutamente soldi […]. Il costo dalla carta non c’è». C’è certamente un costo dei funzionari che devono riempire di convenzioni questa carta, ma «sono funzionari già pagati». Una replica accalorata quella di Sberna: «Adesso non mi venga a dire che tra il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell'economia e delle finanze, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero degli affari regionali e dalla famiglia non siete capaci di mettere insieme un regolamento. Le do il mio numero di cellulare, mi telefoni e le do il regolamento già fatto, senza costi per lo Stato, e facciamola partire questa «carta famiglia», perché le famiglie ne hanno bisogno. A meno che non debba pensare che ci sia – tra le sue parole c'era, tra le righe – un certo conflitto di interesse con le fidelity card degli ipermercati».

E ancora: «Signor Ministro, in questo Paese siamo riusciti per gli LGBTQ a trovare finanziamenti, reversibilità, abbiamo trovato di tutto. Siamo riusciti, per quei 42 che dovevano sposarsi nelle anagrafi, a trovare i finanziamenti – per 42! – non siamo capaci di aiutare le famiglie con un Isee basso, con almeno tre figli, le più povere di questo Paese? Ma sa quanto tempo che c’è la cart famille in Francia ? È dal 1972 e non credo si siano fatti i problemi che ci sta facendo oggi questo Governo per dare uno strumento in mano alle famiglie che venga riempito di agevolazioni, di servizi e di aiuti che non costano niente allo Stato, non costano niente a chi lo emette».

foto Aaron Mello/Unsplash


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