Economia & Impresa sociale 

Cooperative di Comunità: le sfide vinte, quelle da vincere

Grande successo per la terza edizione della Scuola delle cooperative di comunità che si sta svolgendo sull'Appennino Reggiano. Il primo appuntamento è stato all'insegna delle storie, degli spazi da mutare in luoghi e di una certezza: non si rigenera un'economia senza rigenerare il legame sociale

di Marco Dotti

C'è il comune nel piacentino che è diventato allevamento diffuso. C'è il paese dove ogni giorno si cambia lavoro. C'è la storia di Tiriolo, nell'istmo di Catanzaro, dove il valore economico e sociale si crea attorno a un importantissimo ritrovamento archeologico. Sono decine le esperienze, pratiche e concrete, presentate l'11 e il 12 novembre scorso a Succiso (appennino tosco emiliano), nel corso della terza edizione della Scuola delle cooperative di comunità. Esperienze che mostrano come un altro percorso sia davvero possibile per le economie di relazione e di territorio.

La cooperativa di comunità è una forma di intrapresa che sta interessando sempre più le aree interne e, per ora più limitatamente, le aree urbane. Nata per sviluppare occupazione e coesione sociale, favorire il mantenimento e la crescita dei servizi per le persone, valorizzare il territorio e produrre vantaggi economici e sociali, per essere tale la cooperativa di comunità deve avere un obiettivo esplicito: produrre vantaggi a favore di una comunità alla quale i soci promotori appartengono o eleggono come propria. Non sono la forma-cooperativa o le attività svolte in sé a essere determinanti, quanto la finalità di rigenerazione del legame sociale e economico della comunità di riferimento.

Le storie

Accoglienza, cibo, azienda agricola, un centro benessere e un centro visita per il Parco Nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano, ma anche attività come la ricezione postale e la consegna farmaci: questa è la Valle dei Cavalieri, la cooperativa di comunità di Succiso, in provincia di Reggio Emilia. Dove c'era il vuoto – il bar e il negozio di alimentari del paese che stavano chiudendo – è nata la Valle dei Cavalieri. Oggi la cooperativa ha 7 dipendenti a tempo indeterminato, 4 stagionali e un fatturato di 700mila euro. «Senza uno spazio comune, di condivisione, il paese sarebbe andato perduto», ci spiega Dario Torri della cooperativa di Succiso. Oggi, «questo paese è tornato a vivere».

C'è poi l'esperienza di Cives, cooperativa di comunità di Campolattaro in provincia di Benevento, che ha creato un «laboratorio per il bene comune». Un'altra realtà, ma la stessa capacità di tenere assieme relazione e impresa, attraverso servizi culturali in un territorio particolarmente difficile. Ci sono i giovani di Dossena, in provincia di Bergamo, che con la giovanissima Rais (radici) stanno offrendo servizi sociali al territorio. Ragazze e ragazzi della cooperativa ligure Brigi di Mendatica, in provincia di Imperia. Gestiscono con successo il Parco Avventura, gli impianti del Parco Canalette, il rifugio, le attività Centro Turismo Escursionistico. Un lavoro, questo di Brigi, che nasce sul terrenno delle vecchie Pro Loco, con una logica nuova che ne valorizza il portato storico.

La 100 Laghi di Corniglio, in provincia di Parma, è una cooperativa di comunità, ma è una start up di Innovazione Sociale attiva dal 2011. I soci sono in maggioranza donne e opera in molti settori: biblioteche di montagna, centri diurni, centri estivi, ludoteche. Gestisce l'Ostello di Corniglio e l'Ostello di Cascina Cavalli a Riana di Monchio. Dal 2014 si occupa di turismo di comunità per portare lavoro alle imprese di accoglienza e servizi turistici del territorio. C'è poi Francesco Renda della cooperativa Scheria di Tiriolo, dove tutto sta partendo dal lavoro archeologico di Riccardo Stocco. La storia di Scheria potete leggerla qui. E c'è Andrea Cresti del Teatro Povero di Monticchiello. Una cooperativa di comunità ante litteram, che oggi gestisce anchel'internet point, il trasporto farmaci, la ricezione della posta in questo pezzo di Val d'Orcia.

Nato negli anni '60, quando Monticchiello era un paese in rovina, con uno spopolamento progressivo, il Teatro Povero di Monticchiello è un progetto sociale e culturale che vive e dà vita da oltre 50 anni, con un successo crescente di pubblico. «In un paese senza un teatro viene cosí deciso di aggregarsi attorno a un’idea di teatro in piazza: una forma di spettacolo che diverrà presto tentativo di ricostruzione collettiva e ideale del senso delle proprie vite. Una forma di resistenza alla crisi», spiega Cresti. Una sfida vinta. Un ottimo viatico per quelle da vincere.


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