Cooperazione & Relazioni internazionali

Ai minori non accompagnati serve una famiglia, non un orfanotrofio

È questa la richiesta di monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della CEI, in vista della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Cinque sì e due no, più un no condizionato alla riapertura dei CIE, che la Chiesa afferma non in astratto ma come esito del guardare i volti e le storie dei migranti. Al cuore della giornata i 25.772 minori soli arrivati in Italia nel 2016, il numero più alto di sempre.

di Sara De Carli

Pensare ai volti e alle storie personali e al loro futuro, per arrivare a dire dei sì e dei no chiari. È questo l’assunto da cui parte monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, per presentare la prossima Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Parte così dai 181.000 migranti sbarcati sulle nostre coste e dall’oltre un milione di minori migranti, dei quali 25.772 non accompagnati, arrivati tra noi nel 2016. Sì e no da dire «senza la superficialità gridata da chi parla tanto di migranti ma forse non ha mai parlato con i migranti e senza il cinismo di chi forse non ha mai incrociato lo sguardo smarrito e implorante di una famiglia migrante fatta di uomini, donne e tanti bambini». Sono quindi cinque “sì” e due “no”, più un “no condizionato” quelli pronunziati in questa Giornata del migrante e del rifugiato dalla Chiesa italiana, che ha annunciato anche l’imminente firma di un protocollo di intesa col Ministero competente per aprire un “corridoio umanitario” con l’Etiopia per i profughi provenienti da Eritrea e Somalia, utilizzando fondi provenienti dall’8×1000.

Il primo sì è ad approvare la legge che allarga la cittadinanza ai minori che hanno concluso il primo ciclo scolastico: una legge ferma da molto tempo, lungamente attesa e sollecitata, che potrebbe allargare la partecipazione e favorire processi di inclusione e integrazione. Il secondo sì è a una legge che ridisegni l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, un’altra legge ferma, che preveda più tutele per essi «non destinandoli a nuovi orfanatrofi, ma a case famiglia, a famiglie affidatarie, accompagnate da una formazione attenta a minori preadolescenti e adolescenti». Monsignor Galantino ha citato qui le oltre 500 storie di accoglienza famigliare nate nelle parrocchie italiane tramite i progetti “Una famiglia per una famiglia”, “Rifugiato a casa mia’, o il ‘Rifugio diffuso’ che coinvolge un centinaio di famiglie in diverse città fra cui Torino, Parma, Milano e le storie arrivate ormai alle cronache di famiglie disponibili ad accogliere migranti in casa propria, che però non hanno trovato interlocutori per concretizzare la loro disponibilità. Ma il pensiero va anche, ad esempio, alle 1.782 famiglie che all’interno del progetto Bambini in alto mare di AiBi avevano dato raccolto la disponibilità ad accogliere un minore straniero non accompagnato già nell’autunno 2015: sono una decina soltanto gli affidamenti familiari concretizzatisi, perché è più semplice inviare i ragazzini in comunità.

Il terzo sì è per l’identificazione dei migranti in arrivo, per un’accoglienza attenta alla diversità delle persone e delle storie. Il quarto sì è a un’accoglienza diffusa, cioè in tutti i comuni italiani, dei “migranti forzati”, di quanti cioè sono in fuga da situazioni drammatiche. «Si tratta di creare un servizio nuovo, in collaborazione con le realtà associative, della cooperazione sociale ed ecclesiali presenti sul territorio», ha detto Galantino, con parole anche per queste realtà: «A chi giova demonizzare con lo stigma della delinquenza e del puro interesse tutte le realtà impegnate nel campo dell’accoglienza? A che serve appiccicare su tanti giovani, uomini e donne che compiono con professionalità questo lavoro la stessa etichetta di alcune famigerate esperienze, per fortuna scoperte e condannate? Si tratta di scrivere una nuova pagina del nostro welfare sociale, guardando anche a tutto quello che di positivo si sta facendo». L’ultimo sì è a un titolo di soggiorno per protezione umanitaria o protezione sociale per i giovani che da oltre un anno sono nei CAS e nei centri di prima accoglienza e hanno iniziato un percorso di scolarizzazione o si sono resi disponibili a lavori socialmente utili o addirittura già hanno un contratto di lavoro, ma anche a quanti hanno fatto un’esperienza di servizio civile, a chi ha una disabilità, a chi è in fuga da un disastro ambientale o dal terrorismo.

I no, invece. No a forme di chiusura di ogni via legale di ingresso nel nostro Paese, «che sta generando un popolo di irregolari, che alimenta lo sfruttamento, il lavoro nero, la violenza. È contradditorio chiudere strade per l’ingresso legale e poi approvare leggi per combattere lo sfruttamento lavorativo e il caporalato», ha detto Galantino. No anche a investire più nella vendita delle armi che in cooperazione allo sviluppo, in accordi internazionali per percorsi di rientro, in corridoi umanitari: «è un’ipocrisia di cui dobbiamo liberarci». Il no condizionato è invece per la recente riapertura dei CIE: è un no secco se questi dovessero continuare ad essere di fatto luoghi di trattenimento e di reclusione che, anche se con piccoli numeri di persone, ma monsignor Galantino ha fatto un’apertura di credito alle assicurazioni fatte dal Presidente del Consiglio e dal Ministro dell’Interno «sulla diversa natura, anche se non ancora precisata, dei CIE».

I minori non accompagnati sono al centro del Messaggio di Papa Francesco per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che si celebra il prossimo 15 gennaio: «mi sta a cuore richiamare l’attenzione sulla realtà dei migranti minorenni, specialmente quelli soli, sollecitando tutti a prendersi cura dei fanciulli che sono tre volte indifesi perché minori, perché stranieri e perché inermi, quando, per varie ragioni, sono forzati a vivere lontani dalla loro terra d’origine e separati dagli affetti familiari». Per il Papa «occorre puntare sulla protezione, sull’integrazione e su soluzioni durature». Bisogna adottare ogni possibile misura per garantire ai minori migranti protezione e difesa, che significa innanzitutto fermare quanti si approfittano dei bambini, poiché – afferma il Papa con la consueta lucidità – «la spinta più potente allo sfruttamento e all’abuso dei bambini viene dalla domanda». In secondo luogo, bisogna lavorare per l’integrazione dei bambini e dei ragazzi migranti: «molto spesso la scarsità di risorse finanziarie diventa impedimento all’adozione di adeguate politiche di accoglienza, di assistenza e di inclusione. Di conseguenza, invece di favorire l’inserimento sociale dei minori migranti, o programmi di rimpatrio sicuro e assistito, si cerca solo di impedire il loro ingresso». In terzo luogo, le soluzioni durature: «poiché si tratta di un fenomeno complesso, la questione dei migranti minorenni va affrontata alla radice. Guerre, violazioni dei diritti umani, corruzione, povertà, squilibri e disastri ambientali fanno parte delle cause del problema».

Foto Marcello Paternostro/Getty Images


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