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Sperimentare e valutare, bene la svolta dei bandi sulla povertà educativa

Sono 395 i progetti presentati in risposta al primo bando del fondo per la povertà educativa, destinato alla prima infanzia. Tutti prevedono una strategia per fare valutazione d'impatto. Tiziano Vecchiato, direttore di Fondazione Zancan, ci aiuta a leggere questa novità

di Sara De Carli

Lunedì 16 gennaio si è chiuso il primo dei due bandi per la povertà educativa, quello per la Prima Infanzia: sono arrivate 395 proposte di progetto. Mercoledì 8 febbraio scade invece il bando per l’adolescenza. Tutte queste proposte contengono una “strategia” per la valutazione d’impatto delle azioni che si andranno a fare: è la prima volta in Italia che dei bandi danno tanta importanza alla valutazione d’impatto, prevedendo che ciascun soggetto proponente abbia una partnership con un soggetto che faccia valutazione d’impatto. A dicembre, Con i Bambini (l'impresa sociale costituita lo scorso 15 giugno per gestire il bando, qui la presentazione) aveva lanciato una call per enti e istituti di ricerca, invitandosi a proporsi per accompagnare i progetti. Hanno risposto all’appello 34 realtà (qui l’elenco). A Tiziano Vecchiato, direttore della Fondazione Zancan, abbiamo chiesto qualche riflessione su questa “prima volta”.

Prevedere una valutazione d’impatto per i progetti finanziati dal fondo è stato immediatamente un auspicio sia del non profit sia della cabina di regia. Cosa significa questa "prima volta" e cosa potrebbe effettivamente cambiare con questi bandi?

È una prima volta indubbiamente importante in un Paese che è abituato a sperimentare (anche troppo) ma quasi mai a verificare e valutare. Se lo si fa, si guarda all’uso delle risorse o agli output, utili per capire se quello che era previsto è stato fatto ma insufficienti per capire se c’è stato un effettivo cambiamento nelle condizioni di bisogno dei beneficiari degli interventi. La loro vita è migliorata? E se sì, quanto? E come? Il monitoraggio deve capirlo già durante l’implementazione del progetto. La valutazione di impatto deve capire quanti e quali di questi effetti si saranno mantenuti a distanza di tempo.

Quali considerazioni si possono fare dinanzi all’elenco dei 34 enti che hanno dato disponibilità?
Tutti hanno avuto la possibilità di candidarsi e ogni realtà avrà fatto le proprie valutazioni in merito alla candidatura. Con i Bambini ha chiesto ad ogni ente che si è candidato di dimostrare l’esperienza in tema di valutazione di impatto e le competenze del gruppo di ricerca a ciò dedicato. Se rapportiamo i possibili progetti finanziati con le risorse destinate e il numero degli enti accreditatati per la valutazione, ipoteticamente, in media ogni ente potrebbe avere tra i 2 e gli 8 progetti. Ci sembrano numeri sostenibili, che possono essere gestiti con la cura necessaria.

Al gruppo di ricerca potrà andare un massimo del 2% del contributo assegnato al progetto. Quando questa cosa uscì, si paventò il rischio che questo potesse escludere la partecipazione delle realtà più piccole e comunque che fosse troppo poco rispetto all’intento di puntare seriamente sulla valutazione di impatto. Rispetto a questo punto, chiuso il primo bando, che cosa si può dire?
Siamo tutti chiamati ad un uso responsabile delle risorse e a fare il meglio con quanto disponibile. Vale per Con i Bambini, vale per i partenariati e vale anche per chi è chiamato a valutare. Fare il meglio tuttavia non significa non garantire un equo riconoscimento di quanto realizzato. Per ora sono preoccupazioni, sarà la politica a dirci se sono giustificate o eccessive. Certo il punto chiave è fare rendicontazione sociale dei risultati che la valutazione metterà a disposizione.

Fondazione Zancan in quante progettualità sarà coinvolta fra i due bandi?
Non possiamo dare un numero definitivo, dato che il Bando Adolescenza è ancora attivo. Siamo stati contattati soprattutto da chi già ci conosceva, direttamente o indirettamente. Con ognuno di loro ci siamo confrontati sull’idea progettuale, cercando di contribuire alla coerenza della proposta con i requisiti del bando, e abbiamo definito un possibile percorso di valutazione. In particolare, abbiamo chiesto che l’idea progettuale fosse verificabile sotto diversi profili e soprattutto che individuasse azioni efficaci nel contrastare la povertà educativa. I Bandi sono chiari: la priorità non è fare marketing del nuovo ad ogni costo ma di mettere a disposizione di bambini, ragazzi, genitori, insegnanti… le migliori soluzioni a disposizione, capaci del più alto impatto sociale possibile. Potranno essere nuove per alcuni e collaudate per altri. Gli indici di impatto ci diranno quanti avranno vinto la sfida.

Le chiedo di fare un passo indietro, per i non addetti ai lavori: cosa è la valutazione di impatto, spiegata in parole semplici?
Possiamo intendere la valutazione di impatto in due modi. Quello tradizionale prevede di mettere a confronto il gruppo dei trattati con quello dei non trattati e verificare le differenze tra i due, escludendo il più possibile elementi esterni al progetto che possono influenzare i risultati. Questo modo di intendere la valutazione di impatto non si adatta facilmente a idee progettuali come quelle presentate per i bandi in questione, che non prevedono un solo intervento, ma molti interventi e con numerosi destinatari (bambini/ragazzi, genitori, operatori, …). Ci sono altre definizioni possibili a disposizione della valutazione di impatto più appropriate rispetto ai contesti e alle progettualità che rientrano nei bandi per il contrasto alla povertà educativa: è la valutazione di impatto che misura il bene per i destinatari e l’eccedenza generata, cioè il valore ulteriore per la comunità. È una valutazione capace di rappresentare con indici specifici il valore sociale ed economico generato.

Ci fa alcuni esempi per capire su cosa occorre puntare l’attenzione per comprendere e valutare l’efficacia di un’azione in un campo complesso e vasto come quello di cui stiamo parlando?
L’efficacia va intesa solo rispetto ai destinatari dei progetti: bambini e ragazzi in condizioni di povertà educativa e loro famiglie. Le azioni efficaci sono azioni che riducono la povertà educativa, così come declinata nei due Bandi. Sono capaci di ridurre il disagio, il rischio o di potenziare le risorse individuali e familiari per superare il bisogno rilevato.

Come avete lavorato con le realtà con cui siete in partnership e che lavoro vi aspetta per la “fase due”?
Li abbiamo supportati innanzitutto a rendere l’idea progettuale coerente con il Bando. È un passaggio fondamentale perché molto spesso il partenariato ha buone idee ma poco collegate tra di loro e non in linea con le indicazioni di Con i Bambini. Così facendo abbiamo anche distinto la valutazione di efficacia e quella di impatto. Poi naturalmente le scelte sono state fatte dal partenariato. Il lavoro nella seconda fase sarà sicuramente impegnativo perché quanto già dichiarato andrà approfondito e arricchito con nuovi aspetti.

Come sono stati individuati gli indicatori di outcome? Saranno omogenei per tutti, dati da linee guida o dalla cabina di regia o ogni progetto ha definito i propri? Voglio dire, come saranno poi confrontabili fra loro i risultati dei vari progetti?
Ad oggi non ci sono state indicazioni. Per quanto ci riguarda per ogni progetto sono stati scelti indicatori specifici a seconda degli obiettivi perseguiti. Da questi non sarà difficile ricavare indicatori trasversali e generali capaci di dare una lettura complessiva dei progetti e dei loro risultati.

Questi due bandi hanno carattere sperimentale, cioè ambiscono a capire quali azioni funzionano e quindi su quali strade puntare per costruire policy strutturali. Questa almeno è l'aspettativa della politica. Fra tre anni potremo davvero contare su evidenze in base a cui decidere le future politiche di contrasto alla povertà minorile?
Alcune evidenze sono già disponibili. Ci auguriamo che altre possano emergere dalle pratiche progettuali ma dobbiamo ricordarci che i Bandi non finanziano ricerche sperimentali ma azioni concrete a vantaggio di bambini e ragazzi in condizioni di povertà educativa.

Foto Annie Spratt/Unsplash


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