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Paestum, Dario Franceschini e quello strano tipo di fundraising

Un bando del ministero per assoldare un procacciatore di fondi che opera a percentuale ha generato molte polemiche. La lettera aperta di Assif – Associazione Italiana Fundraiser al ministro della Cultura e il commento di Massimo Coen Cagli

di Lorenzo Maria Alvaro

Di recente il Ministero dei Beni culturali ha pubblicato un invito a manifestare interesse per la ricerca di un soggetto a cui affidare il piano di fundraising a favore del Parco Archelogico di Paestum.

Bando che non è passato inosservato a Massimo Coen Cagli, esperto di fundraising, cui aveva dedicato un post del blog “Benedetti soldi” che cura su Vita.it.

Scriveva Coen Cagli: « Ottimo, potremmo dire: finalmente le istituzioni culturali e i dirigenti di recente nomina stanno muovendo i primi passi verso il fundraising adeguandosi a quelli che sono gli standard di tutte le istituzioni culturali nel mondo. È sicuramente una fatto positivo. Ma non c’è da esultare. Almeno non in assoluto».

Il bando offre 10.000 euro a chi, autonomamente dal Parco Archeologico, dalla sua dirigenza e dal suo sistema di relazioni, sarà in grado di trovare donatori in giro per l’Italia e il Mondo e portarli al Parco. Se li troverà verrà riconosciuta una percentuale sulle entrate nella misura del 7% fino ad un massimo di 70.000 euro (pari quindi a 1.000.000 euro raccolti.) Nei 10.000 euro deve essere tutto compreso: viaggi, lavoro delle persone, telefono, ecc….

In queste ore però è arrivata anche la presa di posizone di Assif – Associaizone Italiana Fundraiser che ha scritto una lettera aperta al ministro della Cultura Franceschini.

Spiegano dall’associazione, «ci preme segnalare che i fundraiser italiani, da anni, sul modello dei colleghi europei, regolano la loro attività professionale attenendosi a codici etici comportamentali e sarebbe un gravissimo errore ignorare il cammino fatto nel campo specifico. Un bando così concepito è dannoso in quanto rischia di essere preso come riferimento per le future politiche di raccolta fondi di tutte le Istituzioni culturali».

Per Assif oggi più che mai c’è bisogno di perseverare nella crescita culturale anche nel fundraising «e il ritorno a modelli ormai superati, ne limita il potenziale e ingenera una prassi che, anche dal punto di vista etico, ne compromette i futuri sviluppi. Nello specifico, i donatori si aspettano che il 100% della donazione effettuata venga destinata al progetto o all’iniziativa proposta».

«Il patrimonio culturale e artistico italiano», continua la lettera aperta a firma di Francesca Zagni, presidente di EUConsult Italia e Luciano Zanin, presidente Assif, «per il suo inestimabile valore al livello mondiale, merita investimenti strategici e duraturi come avviene nel mondo intero per tutte le grandi Istituzioni culturali che internalizzano la funzione di fundraising, dotandola non solo di uno staff adeguato ma anche di una cultura progettuale che si concretizza in una funzione di governance collocata al livello del CDA e della direzione generale».

«Siamo convinti che difficilmente i grandi donatori internazionali potranno comprendere la ragione per la quale in Italia non si investa in tal senso», conclude la lettera, «Le chiediamo un incontro per poter approfondire le nostre ragioni, assicurandoLe che il mondo del fundraising è assolutamente disponibile a collaborare con il Ministero per definire le migliori linee di intervento atte a garantire un reale sviluppo della raccolta fondi per le Istituzioni culturali».

La domanda che rimane è quella che si pone Coen Cagli sul suo post: «Ma perché allora si persegue questa vecchia e desueta pratica del procacciatore di fondi che opera a percentuale?»


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