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Il lavoro ai giovani? Si crea dialogando ogni giorno con le imprese

Nei prossimi tre mesi, per il 38,8% delle possibili assunzioni non si riuscirà a trovare il profilo desiderato. La prima causa è l'inadeguata formazione dei candidati. Eppure là dove il modello formativo è fortemente integrato con le imprese, i risultati ci sono: gli Istituti Tecnici Superiori hanno l'80% di occupati a un anno dal diploma, nella meccatronica come nel turismo. A patto che il confronto tra scuola e imprese sia quotidiano e in entrambe le direzioni

di Sara De Carli

Non è vero che il lavoro per i giovani non c’è: nel primo trimestre del 2017 le assunzioni previste per professioni tecniche in ambito informatico, ingegneristico e della produzione erano 13.240, grossomodo il doppio di quelle di un anno prima (nel 2016 erano solo 6.620). «Si tratta di un fabbisogno occupazionale caratterizzato da esigenze qualitative elevate. La richiesta di figure high skill riguarda il 22% del totale. Già nel 2016 il 26% dei profili era considerato di difficile reperimento e nei prossimi tre mesi si prevede che per il 38,8% delle possibili assunzioni rimarranno vuoti: il profilo sarà introvabile, a causa della inadeguata formazione e qualificazione dei candidati (20,8%) e del ridotto numero dei candidati stessi (18%)»: così Gabriele Toccafondi, sottosegretario all’Istruzione, due giorni fa ha tratteggiato i contorni dell’ennesimo “allarme mismatch”.

L’occasione era l’evento “ITS Day – Competenze per l’Italia 4.0”, tenutosi al Miur, ma le indagini Excelsior lo ripetono da anni: ci sono posti di lavoro vuoti, per cui le imprese non riescono a trovare le persone giuste. Le professioni più richieste sono tecniche e le parole d’ordine del futuro sono flessibilità e specializzazione. Fra i profili high skill, i più ricercati sono tecnici in campo informatico, ingegneristico e della produzione; tecnici del marketing, vendite e distribuzione; tecnici amministrativi e finanziari; tecnici della sanità e dei servizi sociali. Per i profili medium skill le professioni più richieste sono cuochi, cameriri e servizi turistici, personale di segreteria, commessi, personale qualificato in negozi all’ingrosso. «E poiché per due candidati su tre è richiesta una esperienza lavorativa precedente, è fondamentale acquisire questa esperienza già durante il percorso formativo, facendo pratica diretta nel contesto di impresa», ha aggiunto Toccafondi.

Giovani e lavoro: perché gli ITS funzionano
Dinanzi a questi numeri, una risposta efficace viene dagli Istituti Tecnici Superiori (ITS): l’80% dei diplomati a dodici mesi dalla fine degli studi ha un’occupazione e questa occupazine nell’88% dei casi è in un’area coerente con il percorso formativo fatto. Relativamente giovani (sono nait nel 2010), gli ITS sono la prima esperienza italiana di offerta formativa terziaria professionalizzante. Si tratta di 1800 ore distribuite in quattro semestri, di cui 800 di tirocinio formativo nelle imprese.
I punti di forza sono un programma didattico pensato e realizzato dalle stesse imprese che ospitano i tirocini. Il 50% almeno dei docenti che sono professionisti, che lavorano nelle imprese. Una governance in cui istituti scolastici, università e imprese uniscono i rispettivi know-how, per definire una programmazione didattica coerente con i fabbisogni provenienti dalle imprese, dalle professioni, dal territorio e di profili professionali. «I numeri degli ITS ci dicono che il sistema funziona» ha dichiarato Toccafondi. «Quando c’è integrazione tra le aziende e il mondo della scuola i risultati si vedono: 93 fondazioni, 8.589 attualmente iscritti (+36% rispetto al 2015, ndr), 370 percorsi attivati, 2.034 soggetti partner di cui 681 imprese. Adesso occorre dirigersi verso un obiettivo chiaro: aumentare questi numeri. Il sistema ITS ha questi risultati perché risponde al fabbisogno delle aziende, formando quelle figure professionali altamente qualificate e caratterizzate da flessibilità ed innovazione, che il sistema produttivo richiede. C’è un Paese che deve dare risposte e la risposta deve essere corale. Come sistema d’istruzione dobbiamo essere veloci a rispondere ai cambiamenti del mondo del lavoro; dobbiamo lavorare sulle competenze, sul senso critico, il problem-solving, il lavoro di gruppo e le abilità interpersonali e comunicative, per dare ai ragazzi strumenti che permettano loro di essere pronti al cambiamento come processo continuo».

Il sistema ITS ha questi risultati perché risponde al fabbisogno delle aziende, formando quelle figure professionali altamente qualificate e caratterizzate da flessibilità ed innovazione, che il sistema produttivo richiede. C’è un Paese che deve dare risposte e la risposta deve essere corale.

Gabriele Toccafondi, sottosegretario all’Istruzione

«Non possiamo sbagliare il modello, però», afferma Alessandro Mele, segretario generale dell'ITS Iath-International Academy of Tourism adn Hospitality Lake Como e coordinatore della Cabina di Regia degli ITS, che ha recentemente presentato in parlamento l’Agenda per la crescita del sistema ITS. Ci sono infatti dei “lavori in corso” per ridisegnare la formazione terziaria professionalizzante in Italia, di cui gli ITS sono stati il primo esempio: a dicembre infatti uno degli ultimi atti della Ministra Stefania Giannini fu quello di istituire le lauree professionalizzanti, che rischiano di far sparire gli ITS, in favore di nuovi corsi legati alle università. Il decreto è sospeso per un anno, ma «serve un atto della ministra Fedeli che lo modifichi, il rischio di perdere l’esperienza di ITS significa dire togliere la possibilità ai ragazzi di trovare lavoro e alle imprese di rispondere alla carenza cronica di tecnici. Nel 2015, il 50% dei diplomati non si è iscritto all’Università e stante la difficoltà dei giovani a trovare un lavoro, molti saranno nelle fila dei neet. Che cosa rispondiamo a questi ragazzi? Gli ITS sono una risposta e hanno l’80% di placement. Occorre salvaguardare l’esistente, valorizzando certo l’apporto delle Università. Bisogna che si trovi il coraggio di esser conseguenti con le affermazioni che si fanno, tutti riconoscono il valore degli ITS ma ora serve un passo concreto».

L’Umbria e l’industria 4.0
In Umbria, fra Perugia e Terni, è nato l'ITS Made in Italy. Nel 2016 è stato il primo ITS d’Italia, grazie anche al tasso di occupabilità raggiunto e nel 2017 ha confermato il primato per l’ambito meccatronico: lì praticamente il 100% dei suoi diplomati lavora a un anno dal titolo di studio (nel complesso, con il suo 80% di placement medio l'ITS è comunque secondo in Italia anche nel 2017). Sono cinque gli ambiti di specializzazione tecnico-professionale proposti: Meccatronica (esperti in gestione e programmazione della produzione, progettazione CAD-CAM, lavorazioni a CNC, sistemi di automazione e robotica, Industria 4.0); Sistema Casa (esperti in edilizia ecosostenibile ed antisismica ed operatori BIM – Building Infomation Modeling); Agroalimentare (esperti in gestione della produzione e trasformazione dei prodotti di aziende agrarie e agro-industriali per le varie filiere produttive); Biotecnologie (esperti in gestione dei processi produttivi per aziende dei comparti chimico, ambientale e dei biomateriali); Internazionalizzazione (esperti in marketing e commercio estero). Nella Fondazione, siede anche il Polo di innovazione meccanica avanzata e meccatronica umbro, al quale partecipano 63 aziende principalmente del settore automobilistico, aerospaziale e meccanica avanzata.

«Il successo degli ITS sta senza dubbio nella sua compagine, nel fatto che le imprese, l’università e le scuole collaborino nelle attività di progettazione dei percorsi formativi», afferma Nicola Modugno, direttore dell’ITS Umbria e responsabile di SFCU-Sistemi Formativi Confindustria Umbria. Da loro i docenti che vengono dalle imprese sono più del 50% e ogni percorso ha un suo comitato tecnico scientifico con molti rappresentanti del mondo delle imprese. «Questo ITS è a forte trazione imprenditoriale: io lavoro da 20 anni in SFCU, ho trasferito qui il rapporto quotidiano con l’impresa. È il dialogo quotidiano con gli uomini di produzione che fa la differenza, se il contatto quotidiano è un metodo emergono i fabbisogni in maniera strutturata: i nostri docenti sono in azienda o a fare orientamento tutti i giorni. Se siamo in grado di cogliere il fabbisogno possiamo andare a rispondervi con iniziative specifiche, altrimenti…».

Un’azienda del polo aerospace creerà un gruppo di lavoro misto fra l’azienda, l’università e il nostro ITS per sviluppare la sua isola 4.0. I nostri allievi saranno il team di lavoro dell’isola, non semplici osservatori: praticamente le prospettive occupazionali sono certe

Nicola Modugno, direttore ITS Umbria

Nella zona di Perugia insistono molte imprese dell’aerospace. Da due anni queste imprese stanno lavorando insieme all’ITS per realizzare un laboratorio meccatronico: «i software di progettazione sono quelli delle imprese, i processi produttivi e i macchinari sono gli stessi che hanno le imprese e che le imprese ci stanno aiutando ad acquistare. Il laboratorio è tarato sui processi produttivi reali. A giugno inizieremo a fare entrare i ragazzi e settembre faremo l’inaugurazione. La nostra è una azienda didattica ma non virtuale, c’è un ufficio progettazione, la produzione, la stampa 3d, le macchine a controllo numerico… Questo è l’elemento di innovazione, la collaborazione spinta, costante, come dato di fatto, con le imprese», racconta Modugno.

L’ITS Umbria ha partecipato, insieme ad altri cinque ITS, a un progetto pilota sull’industria 4.0, con il Miur e il Mise: «Abbiamo coinvolto 16 imprese del territorio che hanno già realizzato processi di industria 4.0 e li hanno messi a disposizione dei nostri allievi. Alcuni realizzano prodotti (es frigoriferi), altri stanno informatizzando i loro processi, si sono resi disponibili a far lezione ai ragazzi, sono venuti in aula i responsabili di produzione o i legali rappresentanti, poi i ragazzi sono stati nelle aziende, stanno facendo alternanza lì, in piccoli gruppi, toccando con mano i processi produttivi raccontati in plenaria. Quando torneranno in aula, ognuno riverserà agli altri gruppi la propria esperienza. Terminata questa fase andranno in tirocinio e faranno sei mesi di esperienza diretta: un’azienda del polo aerospace creerà un gruppo di lavoro misto fra l’azienda, l’università e il nostro ITS per sviluppare la sua isola 4.0 e i nostri allievi saranno il team di lavoro dell’isola, non semplici osservatori: praticamente le prospettive occupazionali sono certe».

Le competenze per il futuro? Per Modugno serve «la capacità di approcciare processi integrati complessi, è quella la nuova competenza specialistica che serve. Poi noi abbiamo Cucinelli, il saper fare mani è fondamentale: se vuoi industrializzare un sistema vai in Germania, ma se devi prototipare vai in Italia. La nostra regione in particolare è forte nella prototipazione perché in tantissimi garage qui abbiamo il tornio e le frese, è gente che sa costruire un elemento meccanico, una vite o un dado: tutto questo il 4.0 non lo annullerà».

La capacità di approcciare processi integrati complessi, è la nuova competenza specialistica. Ma il saper fare delle mani resta fondamentale: se vuoi industrializzare un sistema vai in Germania, ma se devi prototipare vai in Italia. In Umbria in tantissimi garage abbiamo il tornio e le frese, è gente che sa costruire un elemento meccanico: tutto questo il 4.0 non lo annullerà

Nicola Modugno

Jesolo e il turismo del futuro
La medaglia d'oro degli ITS d’Italia per il 2017 è andata a Jesolo. È l’Istituto Tecnico Superiore del Turismo e ha il 97% di placement, tant’è che l’anno prossimo porterà i corsi da tre a quattro, per 150 iscritti complessivi. «Abbiamo la fortuna essere in un sistema turistico che funziona e che offre ai giovani tante possibilità. Noi abbiamo cercato di essere collegati a tanti tipi di aziende: lavoriamo con le grandi catene ma anche con tanti alberghi di piccole dimensioni, con i campeggi del Garda e con le agenzie di viaggio e con tutti cerchiamo di lavorare insieme, dalla progettazione dei corsi in poi», racconta Maria Carla Furlan, direttore dell’ITS di Jesolo. Qui il 70% dei docenti viene dal mondo del lavoro: «è fondamentale per i contenuti, ma contatto vuol dire anche consigli e passaparola di opportunità. Lavoriamo con le associazioni di categoria e con l’ente bilaterale del turismo, così abbiamo il quadro delle esigenze reali: se le aziende ci dicono che hanno bisogno di persone che sappiano fare revenue management – è una tecnica di gestione dei prezzi che si usa adesso moltissimo negli hotel, per l’ottimizzazione del prezzo – nel giro di poco noi cerchiamo un esperto e lo inseriamo, forniamo un corso. Questa cosa nelle scuole non è possibile, perché ci sono rigidi programmi».

Se le aziende ci dicono che hanno bisogno di persone che sappiano fare revenue management – è una tecnica di gestione dei prezzi che si usa adesso moltissimo negli hotel – nel giro di poco noi cerchiamo un esperto e lo inseriamo, forniamo un corso. Questa cosa nelle scuole non è possibile, perché ci sono rigidi programmi. Sempre più bisognerà lavorare su tematismi trasversali, nicchie, costruire un pacchetto intorno al turista: per farlo occorre lavorare con il territorio

Maria Carla Furlan, direttore ITS Jesolo

E dove sta andando il turismo? Come sta cambiando la formazione per stare al passo con i tempi? «Serve una reception evoluta, che sappia gestire la parte web e social non solo dell’hotel ma anche per altre realtà collegate, ad esempio gli alberghi amici della bicicletta. Sempre più bisognerà lavorare su temi trasversali, target e tematismi, proponendo al cliente programmi specifici, targettizzati. Bisogna innovare per nicchia: il turismo enogastromico, gli sport outdoor, il rurale verde, il benessere non è più di nicchia ma fatto in un certo modo sì, il lusso, il golf… bisogna costruire un pacchetto intorno al turista e per farlo occorre lavorare con il territorio». L’altro fronte è quello della ristorazione, dove – ride Furlan – sta cambiando davvero tutto: «l’obiettivo è la personalizzazione del prodotto, banalmente dal vegano al celiaco. Ma c’è anche l’esigenza di rinnovare la ristorazione in hotel, perché la mezza pensione e la pensione completa non vanno più: si tratta di pensare a nuove formule per continuare a far consumare in hotel, ma con orari diversi e spazi diversi, negli hotel di lusso sta iniziando la formula a tre quarti, colazione, pranzo a buffet e merenda, oppure si sperimenta il piatto unico e gli orari diversi. Poi c’è il legame con i prodotti del territorio e il benessere, i format nuovi… Tutto questo ha un impatto anche sull’organizzazione del lavoro».

Nelle foto, allievi dell'ITS Umbria alla fiera A&T di Torino e il laboratorio di meccatronica dell'ITS


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