Cooperazione & Relazioni internazionali

Avramopoulos: «Più urgente risolvere la questione migranti che la crisi economica»

A tu per tu con il Commissario europeo per le migrazioni, che annuncia 58,2 milioni di euro in più per l'Italia: "Stiamo parlando di valori fondanti. L'Europa non può fallire su questo tema, per questo apriremo presto procedure d'infrazione verso chi non rispetta gli accordi presi". A lui fa eco l'europarlamentare relatrice della riforma di Dublino Cecilia Vikstrom: "L'Ue non è un buffet in cui ognuno sceglie solo quello che più gli aggrada"

di Daniele Biella

“E’ una questione di valori. C’è chi mette in primo piano i diritti umani dei migranti, c’è chi invece fa scelte egoiste. Di questo dobbiamo prenderne atto e stiamo avendo molti problemi, ma non dobbiamo darci per vinti: la gestione dei flussi migratori ha bisogno di una risposta corale europea”. E’ schietto Dimitris Avramopoulos, Commissario dell’Unione europea per migrazioni, affari interni e cittadinanza, in un incontro a porte chiuse con un ristretto numero di giornalisti italiani, programmato dalla Rappresentanza italiana all’Ue. Il riferimento è in particolare ai Paesi dell’Est Europa che – non solo loro – stanno rifiutando la quota di relocation, ricollocamenti di richiedenti asilo concordata nel 2015 e si stano dimostrando chiusi a decisioni condivise sul tema, come la nuova proposta di riforma del Regolamento di Dublino, perno centrale delle discussioni di queste settimane in Parlamento europeo. “Arriveremo a procedure d’infrazione per chi non rispetta le regole, e la decisione su tali sanzioni la prenderemo entro un mese. Finora abbiamo lavorato dietro le quinte per cercare accordi, ma a fronte di nessun passo avanti bisognerà agire di conseguenza”, ha confermato Avramopoulos, che annuncia anche lo stanziamento di 58,2 milioni di euro in più rispetto a quelli previsti per l'Italia dal 2014 al 2020 (erano 592 milioni di euro, con le successive aggiunte compresa quest'ultima si arriva a 146 milioni aggiuntivi, quindi 744 totali).

Sono proprio relocation e Dublino, assieme alla stabilizzazione della Libia, i punti nodali per cambiare radicalmente la situazione attuale, che vede l’incapacità della comunità europea e internazionale nel trovare soluzioni strutturali ai problemi legati ai flussi. “Non si può pensare di trovarsi di fronte a un buffet e decidere cosa piace e cosa non piace delle proposte del Parlamento europeo: sull’accoglienza tutti i 28 Paesi membri devono sottostare agli impegni presi e allo spirito di collaborazione e solidarietà con cui è nata l’Europa”, prosegue sulla stessa linea Cecilia Vikstrom, europarlamentare svedese ma soprattutto relatrice della riforma di Dublino (che una volta approvata, presumibilmente non prima di settembre, prenderà il nome di Dublino 4 essendo la quarta revisione del trattato firmato nella capitale nel 1990 e in vigore dal 1997) che sta trovando convergenza in ampie parti del Parlamento europeo, da destra a sinistra, “Proprio partendo dal fatto che l’attuale Regolamento non funziona, essendo basato su dinamiche migratorie totalmente differenti da quelle attuali”.

La principale preoccupazione per i parlamentari Ue è la grave lentezza, in molti casi, delle pratiche di ricongiungimento familiare, “che, per esempio, sta bloccando migliaia di persone sulle isole greche, con un forte danno psicosociale”, sottolinea Vikstrom, reduce da un viaggio a fine maggio proprio nei campi in Grecia, tra cui gli hotspot di Moria, sull’isola di Lesbo, e di Chios. “Bisogna eliminare il concetto alla base del regolamento attuale, ovvero l’obbligo di richiesta d’asilo nel primo paese d’approdo”, aggiunge Elly Schlein, giurista ed europarlamentare italiana relatrice ombra della riforma, firmataria di ben 145 emendamenti dei 1021 presentati al primo testo di riforma. Come? “Con il ricollocamento della persona in uno stato mebro entro un mese, dopo avere compiuto le relative identificazioni e avere parlato con lo stesso migrante”. Un unto fondamentale e di rottura con il sistema attuale: “ora, a parte la richiesta di segnalare legami familiari, non viene preso in considerazione il progetto migratorio di ciascuno. Ma andrebbe fatto, perché mettendola in condizioni di indicare i Paesi in cui vorrebbe andare, dando per esempio una scelta tra i sei che in quel momento hanno più posti vuoti secondo lo schema della relocation, la persona non rifiuterebbe a priori il ricollocamento”, come invece avviene adesso, per la paura di arrivare in una nazione senza prospettive di vita dignitosa.

“Aprire procedure d’infrazione per chi non rispetta le regole sulla distribuzione è oggi più che necessario”, chiosa l’attuale presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani. “Qualche giorno fa sono stato a Gorizia e Nova Gorica, sul confine italo-sloveno, e ho visto persone venute via da altri stati Ue perché la loro domanda d’asilo non era stata considerata attendibile anche venendo da zone del mondo in cui i problemi ci sono, come l’Afghanistan: ci vuole armonia anche nelle procedure di analisi della domanda d’asilo, altrimenti l’effetto sono questi secondary movements, movimenti secondari, che poi generano problemi legati all’illegalità sia per gli stessi migranti sia per le comunità accoglienti”. Mercoledì 21 giugno Tajani ha indetto una Conferenza internazionale “di alto livello” proprio sul tema dei flussi migratori “per fare ascoltare a ogni ramo delle istituzioni europee le voci di chi parte, di chi si trova a gestire i flussi e di chi analizza le conseguenze” e portare poi al successivo Consiglio d’Europa una proposta forte per convincere gli Stati membri a prendere una posizione comune e reciprocamente solidale sul tema, senza lasciare la gran parte delle responsabilità sui Paesi di primo approdo come Italia e Grecia. “Dobbiamo dare risposte concrete a tutti, a cominciare dalle persone dell’Africa che continueranno ad arrivare nei prossimi anni, perché i flussi sono strutturali, non emergenziali. Per questo la stabilizzazione della Libia è una priorità”. Sullo stesso tema, Avramopoulos è ancora una volta netto: “dobbiamo fare sedere allo stesso tavolo Haftar e Serraj, gli attuali leader di un Paese attualmente diviso. Appoggiamo l’Italia in quello che sta facendo, ben sapendo che è un percorso difficile. Ma oggi risolvere il tema delle migrazioni è ancora più importante della gestione della crisi economica, perché ne va del futuro dell’Europa che, per inciso, avrà bisogno di forza lavoro nei prossimi decenni e questa, arrivando dall’Africa, dovrà essere ben regolamentata”.

Le foto sono prese dal seminario che si sta tenendo dal 6 all'8 giugno al Parlamento europeo seminar: A Fair Share in Europe – Creating a Common Asylum System.

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