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Nuovi voucher? Un freno al lavoro dei detenuti

La denuncia di Silvia Polleri, che da 14 anni promuove innovazione sociale dietro le sbarre e nel 2015 ha fondato Ingalera, il ristorante gourmet all'interno del carcere di Bollate: "siamo oltre i 5 cinque dipendenti, con le regole attuali non possiamo richiedere i nuovi buoni"

di Daniele Biella

Mesi di battaglie tra voucher sì e voucher no. Poi, dal 10 luglio 2017, ecco i “nuovi voucher”. Che, appena sfornati, oltre a presentare prime difficoltà di attuazione (leggi qui) si spera risolvibili, hanno già ottenuto un effetto paradossale: complicare la vita a chi dà lavoro alle persone detenute, fondamentale viàtico per un successivo efficace reinserimento in società al termine della pena. “Altro che complicare, noi i nuovi voucher non possiamo proprio utilizzarli”, denuncia Silvia Polleri, fondatrice della cooperativa sociale Abc La sapienza in tavola e da ben 14 attiva nel carcere di Bollate per promuovere politiche e azioni socio-lavorative all’avanguardia, tra cui Abc catering, una delle prime esperienze in Italia di catering di qualità gestito da detenuti, e soprattutto Ingalera, ristorante gourmet che dal 2015 sempre dietro le sbarre della Casa circondariale di Bollate apre le porte a persone provenienti da tutto il mondo.

Iniziamo dai numeri. A quante persone detenute date lavoro?
Quattordici – all’80 per cento soggetti svantaggiati – di cui sette a tempo indeterminato, in particolare al ristorante. Per chi lavora al catering, invece, è un lavoro occasionale dato che facciamo una media di cinque uscite al mese, in articolo 21: si tratta comunque di un’occasione straordinaria per l’ingresso nel mondo del lavoro.

Perché i “nuovi voucher” rappresentano un problema?
Proprio per i lavoratori del catering, i nuovi voucher sono inutilizzabili. Mi spiego: il vecchio modello paradossalmente andava bene perché esprimeva la giusta occasionalità e garantiva sia il lavoratore che lo Stato, a livello di Inail come di Inps. Quelli nuovi, invece, hanno una regola che ci penalizza: sono utilizzabili da chi ha al massimo cinque dipendenti a tempo indeterminato. Ma noi ne abbiamo sette, e quindi allo stato attuale non possiamo utilizzarli.

Un controsenso…
Lo è, anzi è un vero e proprio scandalo. Se la legittima idea iniziale è contrastare forme di lavoro che non rispettano i diritti del lavoratore, è impensabile però non tenere conto di situazioni come la nostra. Saranno magari il 10 per cento del totale, ma vanno considerate. Noi da sempre cerchiamo il rispetto delle regole, anche per insegnarlo poi a chi le ha infrante in passato come gli stessi detenuti, ma così ci vengono messi i bastoni tra le ruote.

Quali alternative avete, allo stato attuale?
Il lavoro nel catering è saltuario e va regolato come tale. Ci sarebbe il contratto a chiamata, invece, si applica a chi è minore di 25 anni o maggiore di 55, ma la gran parte delle persone detenute sta nella fascia d’età in mezzo. Mentre la prestazione occasionale classica, con ritenuta d’acconto, non tutela dal punto di vista dell’Inail.

Siete obbligati quindi a non dare più lavoro a queste persone?
Per ora ho un residuo di 1100 euro dei vecchi voucher validi fino al 31 dicembre 2017, è poco ma ne faccio tesoro. Non ho potuto prenderne di più perché erano finiti, e a quanto ho capito anche perché se gli ultimi se li sono accaparrati le aziende. Nel frattempo sto chiedendo informazioni su come muoversi a Legacoop e altri soggetti.

Cosa chiederebbe al ministero del Lavoro?
Una deroga per i casi come i nostri. Avere più di cinque persone assunte a tempo determinato è un merito, non un demerito. Non va penalizzato chi offre lavoro.


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