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Quattro morti nello staff di Save the Children

Save the Children «condanna questo attacco nella maniera più dura possibile. Siamo sconvolti e inorriditi dalla violenza perpetrata contro il nostro staff in Afghanistan. Gli attacchi contro gli operatori umanitari non possono in alcun modo essere tollerati»

di Redazione

«Siamo affranti questa mattina nello scoprire che un ulteriore membro del nostro team è stato ucciso durante l’attacco di ieri contro il nostro ufficio a Jalalabad. L’identità del nostro collega, un giovane nei suoi venti anni, è stata confermata oggi nel corso di una seconda e approfondita perlustrazione dell’edificio».

«È con profonda tristezza che confermiamo che tre membri dello staff di Save the Children sono stati uccisi nell’attacco alla nostra sede a Jalabad, in Afghanistan. Tutto il resto dello staff che si trovava nella struttura è stato tratto in salvo, mentre in quattro sono rimasti feriti nel corso dell’attacco e stanno attualmente ricevendo cure mediche»: nella serata di ieri, dopo una giornata di caute dichiarazioni in attesa di informazioni certe, Save the Children ha dovuto scrivere un comunicato per dare informazioni che mai avrebbe voluto dare, confermando la morte di tre collaboratori della ong.

In segno di cordoglio per i tre colleghi e per tutti gli operatori umanitari che in tante parti del mondo sono stati uccisi mentre lavoravano per proteggere i bambini e le loro famiglie, sul sito di Save the Children Italia e sugli account social dell’Organizzazione, il tradizionale logo rosso diventerà nero, in segno di cordoglio.

Save the Children «condanna questo attacco nella maniera più dura possibile. Siamo sconvolti e inorriditi dalla violenza perpetrata contro il nostro staff in Afghanistan, composto da operatori umanitari impegnati a migliorare le vite e il benessere di milioni di bambini in tutto il Paese. Stiamo facendo tutto quello che possiamo per garantire a tutto il nostro staff il supporto di cui ha bisogno in seguito a questo attacco devastante».

Ancora poco si sa della natura dell’attacco e meno ancora dei suoi motivi. Quel che è certo è che «gli attacchi contri gli operatori umanitari non possono in alcun modo essere tollerati e hanno un impatto diretto sui bambini che vogliamo proteggere con il nostro lavoro».

Ad oggi la spiegazione più plausibile dell'accaduto è quella di Vittorio Emanuele Parsi, professore ordinario di Relazioni Internazionali nella facoltà di Scienze Politiche e Sociali dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, che su Vita.it aveva chiarito come la stessa natura del lavoro delle organizzazioni umanitarie le ponga nel mirino di terroristi e ribelli.

Save the Children opera in Afghanistan dal 1976, realizzando interventi sanitari salva-vita e progetti di educazione, nutrizione e protezione dell’infanzia che hanno contribuito a salvare la vita a milioni di bambini. In seguito all’accaduto, la ong ha temporaneamente sospeso le operazioni in tutto il Paese, «ma continuiamo ad essere impegnati per supportare i bambini più vulnerabili in Afghanistan».


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