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Cari ragazzi, se volete lavorare non studiate troppo

Confindustria Cuneo scrive una lettera alle famiglie alle prese con la scelta della scuola superiore: «lasciate stare gli aspetti ideali, la realtà è che le aziende assumono operai e tecnici specializzati, meglio essere razionali». Ha fatto bene? Intanto secondo i dati Excelsior, in Italia nel 2017 le imprese non sono riuscite a trovare ben il 21% dei lavoratori di cui avevano bisogno

di Sara De Carli

«Nel 2017 le aziende cuneesi nel loro complesso, hanno manifestato l’intenzione di inserire circa 40.000 nuovi lavoratori. Di questi, il 19% sono addetti agli impianti e ai macchinari, il 18% operai specializzati, l’11% tecnici specializzati. Queste sono le persone che troveranno subito lavoro una volta terminato il periodo di studi, di cui le nostre imprese hanno estremo bisogno e che spesso faticano a reperire»: è questo il messaggio che Mauro Gola, presidente di Confindustria Cuneo, ha inviato alle famiglie del territorio che si apprestano a iscrivere i propri figli alle scuole superiori. Una scelta, afferma Gola nella lettera, «che spesso viene fatta dando più importanza ad aspetti emotivi e ideali, piuttosto che all’esame obiettivo della realtà. Quella realtà, tuttavia, che si imporrà in tutta la sua crudezza negli anni in cui il vostro ragazzo cercherà lavoro ed incontrerà le difficoltà che purtroppo toccano i giovani che vogliono inserirsi nel mondo produttivo». Un appello al realismo, dice Confindustria Cuneo: «Riteniamo che la cosa più giusta da fare sia capire quali sono le figure che le nostre aziende hanno intenzione di assumere nei prossimi anni e intraprendere un percorso di studi che sbocchi in quel tipo di professionalità. Un atteggiamento che potrete definire squisitamente razionale, ma che sicuramente denota responsabilità, sia nei confronti dei nostri figli, che del benessere sociale e del nostro territorio. Ebbene, servono operai specializzati, tecnici specializzati nei servizi alle aziende, addetti agli impianti e ai macchinari. Queste sono le persone che troveranno subito lavoro una volta terminato il periodo di studi».

È giusto impostare in questi termini la scelta della scuola superiore? Confindustria non fa cenno alle passioni e alle inclinazioni dei ragazzi, alle loro aspettative e ai loro desideri, ma solo alla razionalità e alla responsabilità (peraltro nei confronti del benessere sociale del territorio). Certo di questi tempi la scelta della scuola superiore è scelta non facile e il fatto che l’orientamento nella scuola sia pressoché insistente non aiuta di certo.

Altrettanto vero è il fatto che Excelsior, che monitora i programmi occupazionali delle imprese, ha registrato per il 2017 un ulteriore aumento del mismatching, salito nel 2017 al 21%. Ovvero le imprese faranno fatica a trovare un lavoratore su cinque, fra quelli di cui hanno bisogno, nonostante la disoccupazione. Un 10% della difficoltà di reperimento è imputabile alla mancanza di candidati, un 9% alla loro preparazione inadeguata. Tra gli aspetti degni di nota, l’indagine Excelsior cita «le elevate difficoltà di reperimento segnalate dalle imprese del settore informatico e da alcuni settori industriali, a partire dall'industria metalmeccanica, che chiamano in causa la carenza di figure specialistiche e tecniche (es. programmatori) e di figure operaie specializzate (in particolare attrezzisti di macchine utensili) mentre nel commercio il l’incremento della domanda di lavoro porta a un innalzamento delle difficoltà di reclutamento che sono almeno in parte da associare all'estensione degli orari di apertura degli esercizi (quelli della grande distribuzione in primo luogo)».

Per il 2017 le imprese italiane hanno previsto 4.092.000 nuove entrate: la metà a tempo indeterminato, il 34% giovani, il 7% in apprendistato. «Un significativo aumento (+5,9%) rispetto agli analoghi flussi registrati a consuntivo nel 2016 attraverso gli archivi INPS. La ripresa è generale e tocca tutti i settori. Anche in virtù di ciò, si rileva un netto incremento delle difficoltà di reperimento di profili adeguati, che si attesta nel complesso al 21%», scrive il report. «Le maggiori difficoltà di reperimento emergono in particolare nella progettazione/ricerca e sviluppo e nei sistemi informativi (46%), oltre che nell'area direzione generale e organizzazione delle risorse umane (40%)». In generale le soft skill (flessibilità e capacità di adattamento, lavorare in gruppo, lavorare in autonomia, problem solving) risultano le competenze più richieste dalle imprese: un fenomeno trasversale a tutti i livelli e indirizzi di studio. Altrettanto diffusa e pervasiva è ormai diventata la competenza “green” (attitudine al risparmio energetico e sostenibilità ambientale). Significativamente richiesta a tutti i livelli, compresa la scuola dell’obbligo, anche la capacità comunicativa in italiano, mentre quella in lingue straniere appare più importante in alcuni indirizzi, tra cui quelli orientati al turismo. Le soft skills sono richieste dall’85,1% delle nuove entrate, le e-skills nel 62,3% dei casi e le green skills nel 76,8% dei casi. Fra dirigenti, professioni con elevata specializzazione e tecnici (previste 716.380 entrate), a sorpresa nella tabella con le professioni più difficili da reperire troviamo insegnanti di lingue, prima degli ingegneri chimici: al quarto posto i docenti di scuola primaria. Fra impiegati, professioni commerciali e nei servizi (1.557.400 entrate) i lavoratori più difficili da reperire sono gli operatori sale gioco, ricevitorie e scommesse (immagine). Fra gli operai specializzati, tra le prime sei figure più difficili da reperire, quattro riguardano professioni del sistema moda, al primo posto il trattamento di pelli e pellicce.

Qui l'intervista a Emanuele Massagli, presidente di Adapt, a commento della notizia e qui il parere di Alessandro Rosina, curatore del Rapporto Giovani.

Foto Unsplash


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