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Diplomati tecnici e professionali: anche fra loro lavora solo il 40%

Quale scuola scegliere? Un report presentato ieri mappa i percorsi lavorativi di tutti i diplomati tecnici e professionali: a due anni dal diploma il 40% è occupato (e di essi la metà ha un contratto a tempo indeterminato o di apprendistato), ma il 27% è un Neet. Il voto conta pochissimo. Le chance migliori dal percorso professionale del settore Industria e Artigianato

di Redazione

Ogni anno 235.000 ragazzi dopo la terza media scelgono l’istruzione tecnica o professionale. Altri 43.000 optano per l’Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) regionale. Se il 53,4% dei ragazzi in uscita dal primo ciclo sceglie un liceo, nel complesso, il comparto “vocational” attira uno poco meno di 1 studente su 2 in uscita dal primo ciclo. Al termine di questi percorsi, solo il 30% prosegue gli studi: almeno il 70% dei ragazzi entra – o vorrebbe entrare – subito nel mondo del lavoro: quanti lo troveranno? La transizione dallo studio al lavoro avverrà senza intoppi? Quanto dovranno attendere per avere un primo contratto significativo? Svolgeranno mansioni in linea col proprio percorso di studi? Avranno esperienze lavorative continue o frammentate? A queste domande dà risposta il report “La transizione dai percorsi scolastici al mondo del lavoro per i diplomati degli istituti tecnici professionali. Un’analisi delle banche dati amministrative”, realizzato da Fondazione Agnelli e CRISP – Università di Milano Bicocca, col supporto operativo dell’Ufficio statistico del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (MIUR) e della Direzione Generale dei Sistemi Informativi, dell’Innovazione Tecnologica e della Comunicazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (MLPS).

Questo studio, presentato ieri, in qualche modo risponde alla lettera inviata nei giorni scorsi dal Presidente di Confindustria Cuneo alle famiglie che stanno scegliendo in questi giorni la scuole superiore. La novità dello studio, che ricostruisce le esperienze lavorative avute nei primi due anni post-diploma da ognuno dei 547.853 diplomati tecnici e professionali degli anni scolastici 2011/12, 2012/2013 e 2013/2014, è che per la prima volta il “dopo” è stato disegnato non con interviste a campione fra gli ex studenti, ma con un aggancio ai dati di due archivi amministrativi: l’Anagrafe Nazionale degli Studenti (ANS) del MIUR, che contiene gli esiti scolastici dei diplomati, e le Comunicazioni Obbligatorie del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (MLPS), che contengono le informazioni relative ai rapporti di lavoro dipendente di tutti i lavoratori italiani. Questi dati permettono quindi di avere una fotografia esatta e dettagliata di come i diplomati tecnici e professionali si inseriscono nel mercato del lavoro nazionale.

L’analisi rivela che, fatti 100 i diplomati tecnici e professionali dei tre anni scolastici considerati, solo il 30% ha proseguito gli studi a livello universitario (come studenti o come studenti lavoratori), gli altri hanno optato per un ingresso immediato nel mercato del lavoro. Gli occupati, cioè quelli che hanno lavorato per più di sei mesi nei primi due anni post-diploma, non sono più del 28%. Il 14,7% ha svolto lavori saltuari e frammentari, cumulando meno di sei mesi di lavoro in due anni (sottoccupati). Nel 27,4% dei casi, i diplomati non sono risultati iscritti a corsi universitari né hanno avuto esperienze lavorative di alcun tipo: si tratta di una popolazione che per caratteristiche anagrafiche e esiti scolastici è in larghissima parte assimilabile alla categoria dei NEET.

Togliendo dai conti chi sta frequentando l’università e concentrandosi quindi solo su chi è entrato nel mercato del lavoro, ecco che l’indice di occupazione tra i diplomati tecnici e professionali nei primi due anni post-diploma è pari al 40%; un dato che il report definisce «lusinghiero» se si considera la congiuntura economica avversa. Per ottenere un rapporto di lavoro significativo (ovvero un contratto con una durata di almeno 30 giorni continuativi) i diplomati hanno atteso in media 263 giorni, quasi nove mesi. La mobilità è stata relativamente contenuta, con la maggioranza dei diplomati che non si è spostata oltre il comune di residenza o la provincia per trovare un occupazione (distanza media da casa del lavoro: 40 km). Come prevedibile, i valori medi dell’indice di occupazione, dei giorni d’attesa e della distanza della sede di lavoro presentano una forte variabilità, non solo fra Nord e Sud. A due anni di distanza dal diploma, solo un diplomato su tre (34,3%), fra gli occupati, svolge un lavoro coerente col titolo di studi conseguito. Per quanto riguarda invece il tipo di contratto, osserviamo che esattamente la metà dei diplomati che lavorano ha già raggiunto entro i primi due anni dal termine degli studi una posizione stabile: in particolare, il 22,2% ha un contratto a tempo indeterminato e circa il 27,6% è inserita in un percorso di apprendistato. Su questo dato, commenta il report, «abbiamo riscontrato un significativo impatto delle riforme giuslavoristiche varate dal 2012 ad oggi. In particolare, abbiamo visto come la Riforma Fornero dell’apprendistato prima e il Jobs Act dopo abbiano cambiato radicalmente le convenienze dei datori di lavoro».

L’analisi conferma anche per i diplomati tecnici e professionali alcune tendenze che si verificano in generale nel mercato del lavoro, fotografando uno svantaggio relativo per le giovani diplomate rispetto ai ragazzi e per chi ha cittadinanza non italiana. Allo stesso modo chi ha avuto carriere scolastiche accidentate e ha concluso gli studi con qualche anno di ritardo è penalizzato sul lavoro rispetto a chi ha terminato in tempi regolari gli studi. E il voto? Ha un valore limitato: «i datori di lavoro sembrano non fidarsi fino in fondo del metro di giudizio adottato dalle scuole», scrivono i ricercatori. Le migliori chances occupazionali sembrano garantite dal corso professionale del settore Industria e Artigianato, che in media permette di ottenere anche contratti più stabili. Il settore Servizi spicca per la coerenza tra le professioni dei propri diplomati e le competenze fornite nell’ambito del proprio corso di studi.

Foto Galdus


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