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Cooperazione & Relazioni internazionali

Open Arms libera di tornare a salvare vite in mare

Il Giudice per le indagini preliminari di Ragusa dissequestra la nave ferma nel porto di Pozzallo dal 18 marzo scorso motivando che “la Libia non è ancora in grado di riaccogliere i migranti soccorsi in mare nel rispetto dei loro diritti fondamentali". Sollievo da parte degli operatori umanitari per avere scongiurato un ulteriore atto di criminalizzazione della solidarietà

di Daniele Biella

La nave umanitaria dell’ong Proactiva Open Arms salperà oggi stesso dal porto di Pozzallo. Non per propria decisione ma perché è arrivata la notizia che i volontari dell’organizzazione non governativa stavano sperando di ottenere: il Gip Giovanni Giampiccolo, Giudice per le indagini preliminari di Ragusa, ha dissequestrato la nave ferma in porto dall’ultimo sbarco di migranti forzati dello scorso 18 marzo. Decisione che in queste ore sta facendo il giro del mondo portando sollievo soprattutto all’attivismo per i diritti umani: la “liberazione” della Open Arms rappresenta una battuta d’arresto per quella criminalizzazione della solidarietà che ultimamente ha preso piede quando si parla di aiuto indiscriminato a chi fugge da situazioni di pericolo per la propria vita, come i campi di detenzione illegali in Libia. Ecco il video della nave che si allontana dal porto, libera.

Riccardo Gatti, uno dei capimissione dell’ong nata in Catalogna, è chiaro: “ripartiremo subito, verificando le condizioni della nave prima di riprendere il largo”. Nel frattempo una seconda imbarcazione di Proactiva, un veliero di minore capacità di nome Astral, salperà per il Mediterraneo centrale proprio nelle prossime ore. “Rimane in piedi l’inchiesta per favoreggiamento di immigrazione illegale e associazione a delinquere di tre nostri operatori”, spiega Gatti, che non era a bordo nella missione terminata con il sequestro, “ma ovviamente la notizia del dissequestro ci fa molto piacere”. Iniziata dal procuratore di Catania Carmelo Zuccaro (in prima linea da tempo nel cercare eventuali anomalie nel comportamento delle ong in mare), l’inchiesta in realtà era stata ridimensionata quando il Gip di Catania Nunzio Sarpietro ha escluso il reato di associazione a delinquere e passato le competenze territoriali a Ragusa. Ma ciò, sorprendentemente, non ha fermato l’opera del procuratore catanese. "La decisione di oggi è solo un primo passo: l'Open Arms è ora libera, però le indagini continuano: abbiamo bisogno dell'appoggio di tutti", chiede alle persone vicine all'ong il fondatore, Oscar Camps, una delle tre persone coinvolte direttamente, nel rilanciare l'appello #freeopenarms, a cui continuano ad aderire migliaia di persone anche di una certa visibilità mediatica (come il club di calcio del Barcellona, che ha esposto lo striscione qui sotto nella gara d'andata della Champions League contro la Roma).

Comunque vada a finire tale strascico d’indagine, l’importante notizia di oggi mette un punto fermo anche per ogni azione futura. “La Libia non è ancora in grado di riaccogliere i migranti soccorsi in mare nel rispetto dei loro diritti fondamentali", scrive il Gip di Ragusa. Cade quindi la possibilità che i porti libici siano il Place of safety (Pos, “Posto sicuro”) dove portare a terra i migranti, con buona pace dell’accordo tra Italia e Libia che di fatto autorizza la guardia costiera libica a riportare indietro i migranti forzati, prassi che si è andata via via consolidando nelle ultime settimane. Inoltre, “agli indagati della ong il Gip riconosce ‘lo stato di necessità’, scriminante sul reato di favoreggiamento art.12 Bossi-Fini. Altrimenti si dovrebbero indagare tutti gli attori dei salvataggi in mare: guardia costiera e marine europee incluse”, commenta il giornalista Sergio Scandura, che segue fin dall’inizio da vicino lo svolgimento giudiziario.

“La decisione del Gip rende giustizia di una vicenda molto grave in cui altri magistrati avevano configurato la solidarietà e l’intervento di soccorso in mare come un reato perseguibile penalmente, che addirittura assumeva la forma dell’associazione a delinquere”, dichiara Paolo Naso, coordinatore del programma rifugiati e migranti Mediterranean Hope della Fcei, Federazione delle chiese evangeliche in Italia. “Per la Fcei significa che si potrà continuare la collaborazione già avviata tra Mediterranean Hope e Proactiva Open Arms, sia nella forma del sostegno materiale, che nella presenza di volontari a bordo”. Anche l'Osservatorio solidarietà, nato da singoli cittadini e diverse realtà associative promotori della Carta di Milano contro il reato di solidarietà, sottolinea l'importanza di un provvedimento che "riconosce l'assenza di porti sicuri e la giustificazione sullo stato di necessità, rispetto anche solo al sospetto del reato favoreggiamento d’immigrazione clandestina che comunque, in questo caso, è insussistente." Inoltre, "sancisce l’obbligo di rispetto delle Convenzioni internazionali del mare, l’incertezza sul riconoscimento internazionale della zona Sar libica e l’obbligo di rispetto della Cedu, Convenzione europea dei diritti dell'uomo, consistente nel divieto di trattamenti inumani e degradanti (art.3 Cedu) e nel divieto di respingimenti collettivi di cui all’articolo 4, quarto Protocollo Cedu, sancito dall’art.33 della Convenzione di Ginevra. Il giudice nella sua analisi, cita la normativa internazionale di riferimento, tracciando una traccia di studio da seguire".


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