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Progetto Bellezza. Quando i muri fanno accoglienza

Restyling in tre centri per migranti a Milano, gestiti dalla Fondazione. Un percorso di social design guidato dal Politecnico di Torino. Colori e motivi geometrici, ma anche un ripensare gli spazi che toccherà tutti i centri gestiti dalla onlus

di Antonietta Nembri

Il Centro di accoglienza di via Fantoli a Milano ha detto addio alle tristi pareti color grigio paglierino, monotone e tanto, tanto istituzionali. Da poche settimane, infatti, il Cas si presenta in una nuova veste: a dominare sono ora i toni del verde e del rosso, giocati in forme geometriche. E ad agire il cambiamento si sono mossi in prima persona anche gli ospiti della struttura per migranti gestita da Fondazione Progetto Arca. Il restyling non è stata una mera operazione di miglioria puramente estetica, ma dietro a ogni pennellata, a ogni colore vi è un’idea che a Progetto Arca stanno mettendo in pratica dal 2015: e cioè che il bello può tramutarsi in una promessa di cambiamento e benessere. Si tratta del Progetto Bellezza, un percorso di social design che – con il coordinamento scientifico del Politecnico di Torino – nasce da una concezione: i dormitori per le persone fragili, emarginate e migranti non devono solo essere luoghi di accoglienza, ma anche posti in cui ricostruire la socialità.

Dopo un primo intervento sperimentale in via Artigianelli, un piccolo centro di accoglienza per senza dimora che è stato inaugurato nel 2015, il progetto Bellezza si è ampliato .«La collaborazione con Progetto Arca si è strutturata e in via Mambretti abbiamo potuto intervenire anche sugli spazi architettonici», spiega il professor Cristian Campagnaro del dipartimento di architettura e design del Politecnico di Torino.
Quello nel centro di Mambretti è stato un intervento corposo, durato quasi due anni, in cui sono stati riallestiti spazi collettivi, sale, mense e corridoi. «La logica di fondo era quella di creare ambienti accoglienti e per questo ne abbiamo discusso con le persone accolte, abbiamo organizzato workshop con loro, studenti, creativi e animatori», continua Campagnaro. Per gli interventi pittorici si sono pensati moduli semplici da replicare, è stata ridisegnata la segnaletica interna e si dato il via all’autocostruzione di panchine per far sì che i luoghi di passaggio fossero anche luoghi di incontro e socialità.

«Possiamo dire che la fase sperimentale è conclusa, ora abbiamo iniziato a portare questa modalità di intervento in tutti i centri gestiti da Progetto Arca, entro settembre saranno sei. L'obiettivo è di definire un metodo di intervento riconosciuto e adottabile dalla Fondazione in tutti i suoi centri». Il fil rouge che lega gli interventi è l’idea che i luoghi debbano essere spazi in cui stare meglio. Ogni intervento ha le sue peculiarità perché è diverso il modo di abitare se la permanenza è temporanea o molto più lunga. «In Fantoli il tempo di soggiorno è più breve per cui abbiamo puntato sul linguaggio della vivacità» spiega Campagnaro. «In questi tre anni di progetto Bellezza, inoltre è cresciuto l’aspetto partecipativo. Adesso ci siamo spostati in via Aldini e ci sono 27 donne che stanno lavorando al progetto e questo crea valore perché si attivano le risorse personali dei singoli sperimentando processi creativi e di collaborazione».

Anche la scelta dei colori non è casuale, spiega ancora il docente torinese: «Siamo partiti dalla destinazione d’uso degli spazi, abbiamo scelto come dominanti le tonalità dei blu e dei verdi con elementi di grigio, ma dove c’è bisogno di animazione abbiamo puntato ai toni del giallo e dell’arancio. I colori definitivi sono stati negoziati con gli educatori», sottolinea Campagnaro. «In Artigianelli – il primo centro che abbiamo affrontato – il punto di riferimento era evocare elementi vegetali. Mentre negli interventi successivi abbiamo lavorato con gli educatori e le persone e nessuna scelta è stata casuale. In tutte le mense domina lo stesso modello di colori: l’idea è dare un’identità».

La bellezza può diventare una promessa di cambiamento

Ma non si tratta solo di tinteggiare le pareti. Sono stati ripensati anche gli spazi, con interventi di arredo funzionali alla vita comunitaria che si vive nei centri. «In pratica» spiega il docente torinese «si è lavorato sia sulla forma visiva sia sulla dimensione espressiva dell’intervento».

«Siamo partiti dall'idea che la bellezza è qualcosa che tutti possiamo pretendere e la qualità degli spazi è utile alla vita delle persone fragili», conclude Campagnaro. «Ma soprattutto che la bellezza la possiamo costruire insieme e questo ha un effetto di attivazione delle risorse personali di ciascuno. Le persone che passano in uno spazio curato e pensato si comportano in modo diverso lo testimoniano gli operatori ed è quello che ho visto dove siamo intervenuti, da via Mambretti a via Fantoli» E tra duemesi sarà così anche in via Aldini.


Nella gallery e nelle altre immagini il work in progress del Progetto Bellezza in via Fantoli

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